Giuffredi è l’uomo che ha in pugno 35 calciatori tra serie A e serie B e di questi ben cinque del Napoli (Di Lorenzo, Sepe, Grassi, Hysaj e Rui con un sesto, Veretout, all’orizzonte) si chiama Mario Giuffredi e non perde mai il senso dell’ironia. Pure nelle trattative più complesse. Nato a San Giorgio a Cremano, 43 anni, 4 figli (Anna, Rossella, Alessia e Piermario) ha una gavetta nei campi polverosi della periferia. Ha il furore di chi è partito dal basso: instancabile, il che dà l’ampiezza del potere conquistato nel pallone in questi pochi anni.
E ha occhio lungo: «Mi occupo di Di Lorenzo dall’anno scorso, ho capito subito che era un terzino che all’improvviso avrebbe messo le ali. Sono tifoso del Napoli e quindi averlo portato lì mi ha reso felice».
Occhio lungo. Amicizie incrociate, collegamenti e collaboratori sparsi sul territorio che lo rendono tra i più influenti agenti di questo mercato. «Io nuovo re del mercato? Ma no, sono solo uno che ha tanti bravi giocatori a cui dedico tutto il mio tempo».
Si racconta: «Sergio Girardetti era legato a Luciano Moggi e iniziai a girare con lui: e iniziai a fare scouting in Campania. I talenti più promettenti difficilmente mi sfuggivano di mano…».
Un rimpianto. «Criscito era di Volla e capii subito, dopo la prima partitella, che era fortissimo. Ma non sono riuscito a prenderlo con me. E mi sono mangiato le mani».
I due calciatori a cui è più legato sono i primi che ha avuto: «Rea, Lupoli e Horacio Herpen».
La lezione che suona come un monito è chiara: «Mai fidarsi di nessuno in questo ambiente: tante volte ho bocciato qualche giocatore fidandomi del parere di qualcuno, commettendo errori clamorosi. Ora non sbaglio più».
Ricorda le faticose trattative con De Laurentiis: «Per due notti non abbiamo chiuso occhio a Dimaro per chiudere con Mario Rui: risolvevamo un problema e ne nasceva un altro».
Confessa ancora: «Vado d’accordo anche con Lotito e Ferrero, sembra che siano personaggi burberi e invece non è così».
Dorme poco, non lascia mai da solo i ragazzi della sua scuderia. È rimasto al fianco di Andrea Conti (Milan) per una settimana dopo la rottura del crociato e l’altra sera era al matrimonio di Laurini «perché a certi eventi non si può mai mancare».
Si ispira a Tullio Tinti, stima Mino Raiola, non nasconde che il suo preferito per stile e comportamento è Jorge Mendes e non ha nulla contro Wanda Nara e l’invadenza di mogli e parenti nella vita professionale dei calciatori. «Io sono un procuratore di campo, ognuno si affida e si fida di chi vuole. Vedo 5-6 partite a settimana dal vivo, gli altri non lo. Perché il calcio non si vede in tv, i giudizi si possono dare solo stando in tribuna. Le immagini televisive sono un altro sport quello…».
La Marat ha sede tra Volla e Casalnuovo: fondata nel 2015, è in piena espansione con una decina di collaboratori operanti nella struttura tra legali e commercialisti. «In Italia ci sono tante regole indefinite per fare questa professione, o tante regole definite in malo modo. Ora come ora meglio lavorare all’estero, piuttosto che in Italia».Fonte: Il Mattino