Lo Shakhtar ha interrotto la propria imbattibilità in campionato che durava da tredici partite. Ha riscoperto l’amaro gusto della beffa dopo la prima sconfitta interna contro la Dinamo Kiev dello scorso 22 luglio. Ha frenato la propria corsa pur restando saldamente al comando della classifica a quattro punti di distanza dalla seconda.
È stato un campanello, un timido segnale, un momento di debolezza della testa che probabilmente era già altrove. È forte il richiamo delle stelle, delle notti europee che lasciano i brividi, di un appuntamento all’orizzonte che stordisce. «Al Napoli penseremo solo sabato, ora siamo concentrati sul campionato. Vogliamo vincere tutte le partite fino a dicembre» aveva spiegato Fonseca alla vigilia della gara contro l’Olekandria. Non è andata esattamente così. Lo Shakhtar ha pagato errori individuali e collettivi.
Non esiste giustificazione tecnica. In campo c’era abbondanza di certezze, gran parte dei protagonisti che domani sera si ritroveranno assieme per resistere alla bellezza del Napoli, per impedirle di riaprire il discorso qualificazione. Il 4-2-3-1 classico abbracciava gli interpreti soliti: Fred e Stepanenko a centrocampo, Marlos, Taison e Bernard alle spalle del puntuale Ferreyra (già ventidue gol all’attivo). E allora, cos’è accaduto? «Siamo tutti responsabili – ha commentato Fonseca a fine gara – se vogliamo vincere il campionato non possiamo più sbagliare partite come queste. Non conosco i motivi della sconfitta, di sicuro non siamo stati influenzati dall’idea di dover giocare con il Napoli: lo sapevamo già». Ecco che la Champions ritorna, s’insinua in ogni pensiero e lo condiziona. Il calcio si nutre piedi ma divora la testa: quando non è libera tutto diventa meravigliosamente imprevedibile.
Fonte: CdS