E’ il calcio che piace a chiunque, che dovrebbe essere rappresentato ovunque: è Genoa-Napoli ed è una partita in cui non c’è nessun pericolo di scontro, men che meno di animosità. E’ una storia (bellissima) che va avanti ormai da trentacinque anni, che ha resistito ai «pericoli» delle contaminazioni (a volte basta poco per rompere patti) e che va avanti splendidamente, in una vigilia ch’è ricca di frequentazioni, di incontri, di cene tra tifosi, di bar in cui si mescolano le fedi e dunque le sciarpe e i dialetti: Marassi – come il San Paolo al ritorno – è lo stadio ideale per le famiglie, per andarci con i figli, sapendo che non si corre alcuno rischio, perché questo è un gemellaggio che è diventato amicizia. Genoa-Napoli è un esodo di massa, con seimila tifosi sparsi nel Ferraris, con appuntamenti dentro i “caruggiu” e chiacchierate in assoluta amicizia. E’ quei la festa del calcio, ogni volta, e se ne sente il bisogno, soprattutto in questi giorni ma verrebbe da dire (ahinoi) spesso, perché Genoa e Napoli, attraverso la folla mescolata, sa di trionfo della civiltà, mica solo della sportività. Ne sono arrivati in seimila, e magari saranno anche di più, perché intanto c’è una curva che è tutta azzurra e vibra e ci sono dieci sbandieratori in mezzo al campo, ognuno dei quali ha due drappi da far volteggiare: uno è azzurro e l’altro è rossoblù. E durante la gara, in tribuna spuntano gli ex Strinic e Zapata. Aria di derby per loro…
Fonte: CdS