Ciro Immobile torna a casa. La sua Itaca, Torre Annunziata, è a due passi dal San Paolo, lo stadio dei sogni di un bambino che voleva diventare un grande campione. «Il Napoli era in serie C quando mio padre mi portò a vedere la prima gara: in attacco c’erano Sosa, Pozzi, Calaiò. Se penso che l’altra sera il Napoli giocava in Champions… Però, attenzione, nel mio cuore c’è soprattutto il Savoia». Torna a casa, Ulisse. Anche Ciro, in fondo, viaggia da 10 anni e ogni anno cambia squadra. Una odissea vissuta davvero, la sua, tra mari in tempesta e lagune paradisiache, a schivare mille pericoli o respirando l’avventura. Dieci anni passati a segnare gol e a sbagliarne, a fare i conti con la gloria e a tremare per qualche stagione un po’ storta. Tornare a casa. Ma da nemico. E da miglior goleador italiano delle serie A.
Immobile, la Lazio sogna con i suoi gol? «È un bel momento, vinciamo giocando con spensieratezza e senza l’ossessione del risultato a ogni costo. Non ci poniamo limiti e questa è la nostra forza».
È stato, il suo un ottobre straordinario: in 5 gare ha segnato 7 reti. «Spero che novembre sia persino migliore: con Inzaghi mi trovo alla perfezione, il suo è un modulo che esalta le mie caratteristiche e con i compagni sembra che giochiamo da una vita assieme».
Per l’appunto, il modulo: nel 4-3-3 di Sarri come si sarebbe visto? «Beh, il Napoli fa un gioco che consente alla punta centrale di andare al tiro anche 6 o 7 volte a partita, ha degli esterni che sono il sogno di ogni attaccante. Mi sarei divertito».
Eppure Gabbiadini sembra soffrire. «La gente si aspetta tanto da lui, l’anno scorso era la riserva di un mostro eppure si è fatto trovare pronto. La vita degli attaccanti è curiosa, è fatta di momenti in cui nulla va come deve andare: e lo dite a uno che è reduce da due anni non proprio straordinari…».
Lei è uno dei grandi rimpianti dei tifosi. Quanto è stato vicino agli azzurri questa estate? «Se ne è parlato tanto nelle ultime due estati, forse in quest’ultima c’è stato qualcosa in più. Ma alla fine essere approdato alla Lazio mi ha reso molto felice».
È appena la sua seconda volta al San Paolo, lo sa? «Sì, sono venuto solo con il Genoa perché col Toro ero squalificato. Ma c’è una cosa peggiore: ho segnato solo una rete agli azzurri, a Marassi (fini 4-2 per il Napoli, ndr). Non so se proverò emozioni particolari, ho girato tante squadre: so solo che per fortuna non mi sono arrivate tante richieste di biglietti da parte di parenti e amici».
La sua prima gara del Napoli quando era in C: di strada ne ha fatta De Laurentiis? «Vedevo l’altra sera la gara di Champions con il Besiktas e mi ha impressionato la personalità che ha questa squadra in Europa. Non è da tutti giocare così bene e questo deve essere un motivo d’orgoglio per tutto il calcio italiano».
Il suo amico Insigne non vive un buon momento. «Lorenzo è un campione che sente il peso e la responsabilità di indossare la maglia del suo Napoli. Da napoletano non è facile: lui deve uscirne da solo da questa situazione e ci riuscirà perché ha una grande forza interiore».
E lei questo peso ce l’avrebbe fatta a sopportarlo? «Credo di sì, come d’altronde ci riesce anche Lorenzo». Ha avuto come allenatori due candidati alla panchina del Napoli, Klopp ed Emery: come si sarebbero trovati in Italia? «Il tedesco è un emozionale, vive l’ambiente, ci mette il cuore: a Napoli sarebbe stato un idolo. Lo spagnolo invece è molto tattico, le partite te le spiega al video, te le fa giocare prima. Sia con l’uno che con l’altro perché col Toro ero squalificato. Ma c’è una cosa peggiore: ho segnato solo una rete agli azzurri, a Marassi (fini 4-2 per il Napoli, ndr). Non so se proverò emozioni particolari, ho girato tante squadre: so solo che per fortuna non mi sono arrivate tante richieste di biglietti da parte di parenti e amici».
La sua prima gara del Napoli quando era in C: di strada ne ha fatta De Laurentiis? «Vedevo l’altra sera la gara di Champions con il Besiktas e mi ha impressionato la personalità che ha questa squadra in Europa. Non è da tutti giocare così bene e questo deve essere un motivo d’orgoglio per tutto il calcio italiano».
Il suo amico Insigne non vive un buon momento. «Lorenzo è un campione che sente il peso e la responsabilità di indossare la maglia del suo Napoli. Da napoletano non è facile: lui deve uscirne da solo da questa situazione e ci riuscirà perché ha una grande forza interiore».
E lei questo peso ce l’avrebbe fatta a sopportarlo? «Credo di sì, come d’altronde ci riesce anche Lorenzo».
Ha avuto come allenatori due candidati alla panchina del Napoli, Klopp ed Emery: come si sarebbero trovati in Italia? «Il tedesco è un emozionale, vive l’ambiente, ci mette il cuore: a Napoli sarebbe stato un idolo. Lo spagnolo invece è molto tattico, le partite te le spiega al video, te le fa giocare prima».
Sia con l’uno che con l’altro le cose non sono andate benissimo. «Con Klopp ho il rimpianto più grande per non aver mai avuto un rapporto diretto: a causa della lingua gli parlavo sempre con un interprete».
E con Inzaghi? «È straordinario, sa come caricarti e prepara bene ogni partita. Poi il fatto che sia stato un attaccante mi aiuta ancor di più».
Come il fatto che il ct dell’Italia sia Ventura? «Mi conosce, con lui al Torino ho capito di essere diventato un bravo attaccante e di averne fatta di strada dai tempi dei miei primi passi sul campetto della basilica della Madonna delle Nevi, nella mia Torre Annunziata».
Ironia della sorte, lei deve tanto a due difensori? «Sì, Ciro Ferrara e Massimo Filardi. Furono loro a fare carte false per portarmi alla Juventus. All’epoca ero al Sorrento, facevo 40 minuti di treno al giorno dopo la scuola per andarmi ad allenare. Un panino e partivo. Non è che ci volle tanto a convincermi ad andare a Torino».
Più complicato convincere sua madre, Michela? «Sì, non faceva che chiamarmi e dirmi di tornare a casa. Ma io ero alla Juventus, in un grande club e volevo diventare un calciatore. Lo volevo con tutto me stesso. Ero solo, la tentazione di mollare grande, ma ho resistito».
Maradona, De Laurentiis e i tifosi pensano che Higuain si è comportato da traditore. Che ne pensa? «Normale questo genere di reazione: era l’idolo di tutti, ha segnato 36 gol in una stagione. Difficile accettare un simile addio, andando peraltro nella squadra rivale. Ma è normale anche che uno come Higuain possa decidere di andare in un grande club come la Juve».
E lei, andrebbe dalla Lazio alla Roma? «No, in questo momento proprio no».
A proposito, anche Antonio, il suo papà, non scherzava come cannoniere… «Sì, alla Sarnese fece 35 gol in 36 partie, più o meno come Higuain. Da lui ho imparato tanti segreti di questo mestiere. E soprattutto l’umiltà».
Quagliarella le manda ancora sms dopo ogni suo gol? «No ha smesso di farlo dopo la stagione col Pescara. Però se me li rimanda sono contento»
La Lazio cosa teme dalla sfida di domani sera? «Il gioco del Napoli, la sua aggressività, il suo modo di attaccare anche con quattro o cinque uomini contemporaneamente. Sappiamo che non viene da un periodo molto brillante in termini di risultati ma non per questo pensiamo che siano in difficoltà. La gara di Champions ne è stata la testimonianza».
E il Napoli della Lazio cosa deve temere? «La nostra spensieratezza. Siamo quarti e abbiamo ancora tanta voglia di stupire e andare avanti per questa strada».
La Juve è davvero fuori dalla portata di tutti? «È quella che ha il gruppo storico più solido. E questo le consente di tirarsi fuori dalle situazioni più difficili. La sua organizzazione la rende spietata»
Da napoletano gioca con la 17. E la scaramanzia? «Ce l’avevo al Pescara e poi è il giorno in cui è nata mia moglie Jessica…».
Fonte: Il M attino