Appena tornato in Italia, si è preso l’influenza. «Naturalmente, non m’impedirà di seguire Napoli-Juve in diretta tv. Con la differenza che non dovrò puntare la sveglia alle 3.30 del mattino, come facevo in Cina». Nonostante tutto, Ciro Ferrara conserva una buona cera. No, la febbre non c’entra. C’entrano i signori del Wuhan Zall ai quali, un punto nelle prime due partite è bastato per esonerare l’uomo che nel 2016 aveva salvato la squadra dalla retrocessione .
«Roba che manco Zamparini avrebbe fatto. Sia detto con il massimo rispetto per Zamparini, s’intende. Non ce l’ho con i miei ex datori di lavoro, però, in corpo continuo ad avere il sapore amaro di un lavoro incompiuto, di un’opera lasciata nemmeno a metà. E non per colpa mia. Ma non si finisce mai d’imparare, vero?».
Ciro sorride. Napoli-Juve è già qui e per sapere come andrà a finire, per immaginare quale sarà l’accoglienza del San Paolo al Grande Ex Gonzalo Higuain, per la prima volta a Fuorigrotta da avversario, non si può che chiedere a lui. Al Signor Ferrara, che Napoli e Juve li aveva scritti nel destino. Sin da quando, il 5 maggio 1985, allo Stadio San Paolo debuttò in serie A. La partita? Napoli-Juventus (0-0). E quale altra, sennò? Con Giovanni Ferrari e Giuseppe Furino, è il calciatore che sul campo ha vinto più scudetti nella storia. Sono 8: due col Napoli (1987, 1990), sei con la Juventus (1995, 1997, 1998, 2002, 2003, 2005, quest’ultimo revocato dalla giustizia sportiva per Calciopoli). Ferrara ha conquistato anche due coppe Italia (1987 con il Napoli, 1995 con la Juve); una Coppa Uefa (Napoli 1989), una Champions League (Juve 1996), un’Intercontinentale (Juve 1996), 1 Supercoppa Uefa (Juve 1996), 1 Intertoto (Juve 1999), 5 Supercoppe italiane (Napoli 1990; Juve 1995, 1997, 2002, 2003) Con la Nazionale (49 presenze) da giocatore è arrivato terzo ai Mondiali 1990 e secondo agli Europei 2000; in qualità di collaboratore tecnico di Lippi, ha vinto il Mondiale 2006.
Signor Ferrara, nell’estate del ‘94, per esigenze di bilancio lei fu ceduto dal Napoli alla Juve, in cambio di 9,4 miliardi di lire. Alle spalle si lasciò 10 stagioni scandite da 323 partite: 247 presenze in Serie A e 12 gol; 47 presenze in Coppa Italia e 2 gol; una presenza in Supercoppa italiana, 28 presenze nelle coppe europee e 1 gol. Come fu accolto quando rimise piede al San Paolo, per la prima volta da avversario? «In un modo bellissimo. E, alla stessa maniera, i napoletani applaudirono Lippi, assieme al quale ero andato alla Juve. Per alcuni anni, il copione è rimasto sempre lo stesso. Poi, qualcosa è cambiato. Forse perché, per motivi anagrafici, i tifosi più giovani mi ricordano solo come giocatore bianconero e non come il terzino che vinse lo scudetto con Maradona. A Napoli, si sa, la rivalità con la Juve è qualcosa che storicamente travalica l’ambito squisitamente sportivo. Sino a quando non arrivò Maradona, una vittoria sui bianconeri valeva un’intera stagione. Con Diego, i napoletani hanno capito quanto fosse finito il tempo di accontentarsi».
Che cosa aspetta Higuain? «Presumo un’accoglienza variegata: lo fischieranno in molti e l’argentino è il primo a saperlo, avendolo messo in conto sin da quando ha deciso di passare alla Juve. Ma, in molti, ostenteranno indifferenza. I napoletani sono un popolo dotato di ironia, sempre un sintomo d’intelligenza. Ecco, io spero proprio che, al di là dei prevedibili fischi, trovi spazio anche lo sfottò arguto, sottile, corrosivo. E, soprattutto, mi auguro prevalgano il rispetto e l’educazione. La doppia sfida con il Real Madrid, i diecimila napoletani al Bernabeu e il San Paolo ricolmo di passione ed entusiasmo al ritorno, hanno nobilitato l’immagine della città, della squadra, della città. La doppia sfida con la Juve nell’arco di 72 ore rappresenta una doppia occasione per rafforzare quell’immagine. E poi, non sottovaluterei un altro aspetto…».
Quale? «Non conosco personalmente Higuain, ma so per certo che un fuoriclasse del suo calibro non si lasci né spaventare né intimidire da un ambiente ostile. Anzi. In fondo, al Napoli ha già segnato con la maglia della Juve. E’ vero, si giocava allo Stadium e non al San Paolo, ma l’esperienza mi dice che partite così importanti e così delicate come le due in arrivo esaltino i campioni autentici. E Higuain lo è. I fischi potrebbero essere un propellente formidabile».
Perché la rivalità fra Napoli e Juve è acerrima? «Perché la Juve è la squadra più scudettata d’Italia, perché in questi ultimi sei campionati ha continuato a vincere, perché chi vince suscita antipatia fra i tifosi delle altre squadre, perché la Juve è sempre difficile da battere e potrei continuare a lungo. Eppure…».
Eppure? «Eppure, se c’è un momento in cui la sfida fra il Napoli e i bianconeri può essere apertissima, il momento è questo. Il risultato della gara di domenica sera è incerto: al San Paolo può succedere di tutto: i dieci punti che separano le due squadre non fotografano con precisione il vero rapporto di forze. Il divario c’è, ma in una partita secca di novanta minuti il Napoli può colmarlo. Anche se, personalmente, sono convinto che la Juve rivincerà lo scudetto, qualunque cosa accada al San Paolo, e resterà la squadra da battere per diversi anni a venire».
Nonostante i veleni che periodicamente le vengono lanciati addosso? Signor Ferrara, che cosa pensa degli strascichi dell’inchiesta Alto Piemonte circa le presunte infiltrazioni mafiose nel bagarinaggio dei biglietti allo Stadium? Delle accuse mosse ad Andrea Agnelli e da Andrea Agnelli duramente respinte? Delle dichiarazioni rilasciate alla trasmissione radiofonica La Zanzara dall’onorevole Marcello Taglialatela, membro della commissione parlamentare antimafia? («Canto Juve merda, sono ultrà del Napoli e gli arbitri prendono soldi dalla Fiat. Sono un ultrà del Napoli, dire Juve merda è una cosa che dal punto di vista calcistico diverte e che, quando la Juventus lo merita, lo dico allo stadio. Alla Juventus sono stati revocati degli Scudetti, ciò che è accaduto in passato può verificarsi nuovamente oggi. Io so che gli arbitri sono sponsorizzati dalla Fiat e quindi dalla Juventus») . «Sono appena rientrato dalla Cina e non conosco né i particolari né gli sviluppi dell’inchiesta, sotto l’aspetto penale e sportivo. Posso solo dirle che, avendoci giocato dal ‘94 al 2005 e avendola allenata nella stagione 2009-2010, conosco bene la Juve, l’ambiente della Juve, la forza della Juve e dei suoi giocatori. Alcuni dei quali, come Buffon, sono stati miei compagni di squadra e di loro sono stato il tecnico. Se qualcuno pensa che l’inchiesta Alto Piemonte possa comportare contraccolpi negativi sulla squadra e sul suo rendimento, sbaglia. E sbaglia di grosso. I bianconeri sono vaccinati per affrontare qualunque difficoltà; la società sa come gestire ogni passaggio delicato della stagione. In campo e fuori dal campo. Il nocciolo della questione sta proprio qui: dietro una grande squadra guidata da un grande allenatore, c’è sempre una grande società. Se qualcuno dei rivali ancora s’interroga sulle ragioni della supremazia juventina, deve anche rimproverarsi per non essere stato capace di reggere l’urto bianconero. Parliamoci chiaro: questa è la sesta stagione in cui le avversarie dei campioni in carica giocano solo per il secondo posto. A proposito di Buffon: ricordo ciò che Gianluigi disse l’anno scorso, in piena rimonta quando la Juve si era issata al secondo posto dopo essere stata anche al quattordicesimo. Sei contento? Chiesero al capitano. E lui: sarò contento solo quando saremo di nuovo primi. Capito dove affonda le radici la forza della Juve?».
E, proprio per questo, che cosa può fare il Napoli? Che cosa deve fare Sarri? Le piace Sarri? La Panchina d’Oro gli è stata assegnata dai suoi colleghi, il che rende il riconoscimento ancora più significativo: e adesso? «E adesso il Napoli deve fare ciò che ha sempre fatto da quando lo guida Sarri. Rammento le perplessità e lo scetticismo che, da più parti, avevano circondato il suo arrivo a Castel Volturno. Si diceva fosse un integralista del 4-3-1-2, che conoscesse un unico modulo, che avrebbe sacrificato i giocatori sull’altare delle sue convinzioni tattiche. E’ andata in modo diametralmente opposto. Sarri è passato al 4-3-3 e, quando si è infortunato Milik, ha reinventato Mertens attaccante centrale. Altro che falso nove: Mertens è un nove vero, parlano i 20 gol che ha segnato in campionato, senza dimenticare le Coppe. Il gioco del Napoli mi piace, quei 68 gol segnati in 29 partite non sono frutto del caso, ma il frutto di un impianto tattico di prim’ordine. Per questo le ho detto che il risultato di domenica sera è apertissimo. E da napoletano, ex giocatore del Napoli ed ex giocatore della Juve, sa qual è il motivo di sollievo? Che non dovrò giocarla».
Fonte: CdS