Luciano Tarallo, ex preparatore dei portieri del Napoli, è intervenuto a Radio iBR Scampia durante “Calcio Sprint“, dove ha parlato degli anni al Napoli e ha espresso qualche opinione sulla situazione portieri attuale.
Facciamo un passo indietro alla stagione 2016/17, forse la più emozionante del triennio sotto la guida di Maurizio Sarri. Quale fu l’arma vincente di quella stagione? Ricordiamo che il Napoli concluse con il miglior attacco e con il miglior gioco espresso in Serie A dopo due avvenimenti: l’addio di Higuain verso la Juventus e il grave infortunio di Milik.
“Sicuramente il gruppo squadra. Ci fu una gioia immensa nell’allenarsi, nel giocare la domenica, nell’esprimere un gioco spettacolare. I giocatori si divertivano giocando, è stato uno degli anni più belli. Io lo ricordo perché l’ho vissuto in prima persona e vi racconto anche un aneddoto. Allora diciamo che io all’inizio ero anche un po’ arrabbiato con la società però dopo tanti anni devo dar ragione al presidente, però forse quell’anno se ci fossimo rinforzati adeguatamente lo avremmo vinto. Fu un anno spettacolare e il fulcro è stat0 proprio il gruppo, l’empatia che si creò in quella squadra”.
Lei ha vissuto con il Napoli due momenti storici diversi, da un lato il Napoli degli inizi, quindi i tempi di Edoardo Reja quando la squadra stava rinascendo, e dall’altro il Napoli di Benitez e Sarri. Qual è l’aneddoto di quel periodo che le è rimasto più a cuore?
“Sicuramente i complimenti di questi campioni del mondo. Io ho avuto il piacere e l’onore di allenare uno come Pepe Reina. Posso raccontare un episodio di un Napoli-Inter: Pepe Reina prese un goal e ci fu una deviazione che io avevo percepito, ma che era impercettibile. Scendendo le scale dell’allora San Paolo, Pepe mi diede i suoi guanti e disse ‘forse potevo farci qualcosa in piu’. Questo per dire che un campione del mondo si affidava ad un suggerimento in merito a quello che si poteva fare. Questo fa capire l’immensità dell’uomo e del calciatore”.
Ritorniamo ad oggi, al Napoli odierno. Diciamo che in un portiere le caratteristiche fisiche e tecniche sono affiancate anche da una buona capacità comunicativa. Bisogna saper comunicare al momento giusto con la propria difesa, quindi, ritiene che le abilità comunicative di Meret siano sviluppate al 100% o manca ancora qualcosa?
“Molti hanno additato Alex sul fatto che lui parli poco con la difesa, ma invece ci sono delle foto bellissime sui quotidiani dove lui urla come un pazzo. Quando si parla di tecnica del portiere si parla di un tiro verso la porta e li il portiere sta massimo a tre metri dalla linea di porta perché para in bisettrice. Quando invece si parla di difesa dello spazio lui deve difendere tutto quello che sta davanti alla porta . Pensate che l’area di rigore è 600 mq , e l’area del portiere quella che tutti definiscono piccola è di circa 100 metri. Per gestire tutto questo spazio pensate che un portiere possa stare zitto, tranquillo e farsi i fatti suoi?
Io sono stato a Castel di Sangro a vederlo quando faceva la partitina e vi dico che urla come un pazzo. La comunicazione è uno delle cose fondamentali per un portiere. Il portiere è come un padre: P sta per percepire. A sta per anticipare. D sta per decidere. R sta per reagire ed E sta per ‘E che Dio ce la mandi buona’, soprattutto con i tifosi che c’è l’hanno contro Alex”.
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