È il palcoscenico che ha visto recitare il più grande al mondo, Diego.
Qui le feste scudetto e le delusioni più atroci, come sconfitte, retrocessioni, violenze sugli spalti. La fiamma della passione popolare è rimasta quasi sempre accesa al San Paolo, lo stadio che due giorni fa ha celebrato i 65 anni dall’apertura. Prima partita il 6 dicembre 1959, la più classica delle sfide, quella contro la Juve, vinta per 2-1 con i gol di Vitali e Vinicio, il brasiliano di Belo Horizonte che ha fatto di Napoli la sua casa. Novantamila sugli spalti, ruggì ‘O Lione in campo e ruggirono con lui i tifosi.
Vinicio aveva cominciato la sua avventura azzurra sul campo del Vomero, il Collana, nel 1955. Un po’ prima, alla fine degli anni ’40, iniziava a prendere corpo l’idea di creare una “Città sportiva” nella zona di Fuorigrotta. Il sindaco Domenico Moscati presentò il progetto al giovane sottosegretario Giulio Andreotti. Individuata un’area di 60mila metri quadrati, spesa iniziale di 800 milioni di lire, per dotare Napoli «di una struttura sportiva adeguata considerando i danni bellici subiti». Posa della prima pietra il 27 aprile 1952. Ci vollero sette anni di lavori, diretti dall’architetto Carlo Cocchia, per completare lo Stadio del Sole, come si chiamava appunto quella domenica del 1959. «Ne fu nominato direttore Attila Sallustro, che a 51 anni tornò con entusiasmo a Napoli. Addio vecchio Vomero, stadio del Napoli per sedici anni dalla fine della guerra», ricorda Gigi Di Fiore nel libro “Storia del Napoli”. Sarebbe diventato lo stadio San Paolo – il Santo sbarcato da queste parti tra il 60 e il 61 dopo Cristo – nel 1963. Secondo cambio di denominazione il 4 dicembre 2020, nove giorni dopo la morte di Diego Armando Maradona. Nessun dubbio da parte del sindaco de Magistris, della giunta, del consiglio, della città. E nessuna reale resistenza da parte del corpo ecclesiastico rispetto a quell’omaggio verso l’uomo che in questo stadio aveva scritto la storia del Napoli e di Napoli.
A un anno dalla morte di Diego, venne collocata all’interno dello stadio la statua realizzata in suo onore da Stefano Ceci, che da bambino partiva da Catanzaro in treno e scavalcava il muro di cinta del San Paolo per assistere alle partite del suo mito. Lo conobbe poi nel 2000 e lo seguì fino alla morte. Era il 28 novembre 2021, arrivò per l’installazione della statua il presidente della Fifa Gianni Infantino. E il Napoli di Spalletti onorò nel modo più esaltante quella domenica vincendo per 4-0 contro la Lazio di Sarri, uno show con la doppietta di Mertens e i gol di Zielinski e Fabian. La Lazio, sì, proprio l’avversaria di stasera allenata da Baroni, che segnò – ai biancocelesti, i casi della vita – il gol del secondo scudetto il 29 aprile del 1990. Nello stesso anno, il 3 luglio, Maradona festeggiò un altro successo, con una maglia diversa da quella azzurra: la biancoceleste dell’Argentina che vinse ai rigori la semifinale mondiale contro l’Italia. Se ne dissero tante sulla tifoseria napoletana, che non si schierò a favore degli argentini ma li rispettò perché Diego era il loro capitano. Una cosa ben diversa, narrata invece come conveniva. La Nazionale è stata sempre accolta con entusiasmo e non è un caso che la maggiore affluenza di spettatori per una partita degli azzurri si sia registrata a Fuorigrotta: il 22 novembre 1969: in 91mila sugli spalti per assistere alla gara di qualificazione ai Mondiali messicani contro la Germania Est.
Vi è stata una progressiva riduzione della capienza dello stadio di Fuorigrotta: 85.102, 72.810, 60.240 e infine 54.726 spettatori dopo l’ultimo restyling avvenuto nel 2019 per le Universiadi. Ma nell’epoca in cui non erano obbligatori i posti a sedere venne sfondato il muro dei 90mila per Napoli-Juve del 1974, l’anno in cui la bellissima e orgogliosa squadra guidata da Totonno Juliano contese lo scudetto ai bianconeri. Sarebbero poi venuti gli 89.992 spettatori nel 1979 per la sfida col Perugia di Paolo Rossi che aveva rifiutato l’offerta di Ferlaino decidendo di accasarsi temporaneamente in Umbria prima di tornare alla Juventus. Napoli è stata al fianco del Napoli anche negli anni difficili: e chi li dimentica i 45.770 spettatori per la prima partita in serie C contro il Cittadella venti anni fa? In questa stagione un sold out dopo l’altro, ancor prima che il Napoli volasse al vertice della classifica. Grazie a Conte e al progetto di rilancio messo a punto con De Laurentiis. Certo, non si possono registrare i numeri del passato, dai 70.402 abbonati della stagione ’75-’76, quella successiva all’acquisto di Savoldi, ai 77.597 di media per le partite del campionato ’84-’85, il primo di Maradona. Ma è significativo il dato di 50.023 presenti a gara, con un’occupazione degli spalti pari al 91 per cento.
È stata scritta in questo stadio una straordinaria storia di calcio e di vita che ha coinvolto Napoli tutta. Il futuro del Maradona è da scrivere. De Laurentiis al momento non ha risposto agli inviti del ministro Abodi e del sindaco Manfredi a presentare un progetto tecnico e finanziario per una ristrutturazione finalizzata alla candidatura a sede degli Europei 2032. Ma c’è un solo napoletano che oggi può immaginare di vedere il Napoli giocare altrove?