I momenti più importanti della sua carriera da calciatore a Napoli. Marco Baroni, allenatore della Lazio, sfida – ancora una volta – il suo passato. Due stagioni azzurre, con i saliscendi legati alle condizioni fisiche e psicologiche di Diego Maradona più che alla forza della squadra guidata da Albertino Bigon. Dal 1989 al 1991, arrivando da Lecce, dove aveva giocato con Antonio Conte.
Due miliardi di lire e il cartellino di un terzino cresciuto nel vivaio del Napoli, Antonio Carannante: per il ds del Lecce, lo storico Mimmo Cataldo, quello fu un ottimo affare. Baroni, con la sua prestanza fisica, diventò subito titolare. E nella prima stagione segnò in campionato due gol pesanti: al Bologna quello numero 3000 nella storia del Napoli e soprattutto alla Lazio, nell’ultima giornata di campionato, quello decisivo per lo scudetto, che era stato di fatto ipotecato nella domenica precedente, con la vittoria sul campo del Bologna (e la contemporanea sconfitta del Milan a Verona, accompagnata dalle velenose polemiche del clan rossonero).
Baroni stava perfettamente a suo agio nello spogliatoio di Soccavo. Parlava poco, le sue interviste erano sempre equilibratissime. Non era un personaggio da copertina nella squadra di Maradona, Alemao, Ferrara, Careca e Carnevale e del portiere Giuliani che si faceva notare per le parate e per le divise sgargianti, da lui disegnate. Marco non era il tipo che frequentava i locali notturni e meno che mai le equivoche compagnie di Diego.
Casa e campo, come gli avevano insegnato i suoi maestri, tra cui lo stesso di Conte, Carlo Mazzone. La fiamma dell’orgoglio di indossare la maglia con lo scudetto nella seconda e ultima stagione venne spenta da quanto accadde a Maradona, cioè al Napoli, perché la squadra – al di là della forza dei suoi uomini – dipendeva dagli umori di Diego, che chiuse di fatto il suo rapporto con la società quattro mesi prima della squalifica.
Trasferta di Coppa dei Campioni a Mosca, il capitano che non parte con i compagni perché strafatto di cocaina, poi si mette in viaggio con un aereo privato e Bigon lo porta in panchina per punizione in occasione della partita con lo Spartak Mosca. Finisce 0-0, ai rigori Diego e due suoi compagni fedelissimi, Ferrara e Mauro, segnano. Un solo errore dal dischetto, fatale: quello di Baroni. La stagione finisce in maniera anonima, nessun tifoso ricorda più come si piazzò il Napoli a un anno dal secondo scudetto (8° posto). E l’ultima partita è anche l’ultima di Marco in azzurro.
Fonte: Il Mattino