Ha preparato il suo piano step by step, Antonio Conte. E si è preso il Napoli. In appena quattro mesi cuore, cervello, anima di calciatori, staff e città. Scrive Il Mattino: “Primo step: in ritiro. Quando ha spiegato il suo metodo di lavoro, ha fatto intendere quali sono le sue regole di concentrazione, di grinta, di ordine tattico, di personalità. E ha fatto capire che qui «comando io». Secondo step: la sconfitta di Verona. Lì è esploso, ha svuotato la sua rabbia: lui che di scudetti ne ha vinti nove (più una Premier) non riusciva più a sopportare un gruppo che si sentiva pieno di eroi senza più fame, appagati, demotivati perché con la testa sempre allo scudetto vinto con Lucianone. Terzo step: i fatti prima della parola. Perché Conte per prima cosa è umo che dà esempi. Non ha preferiti, non fa preferenze. E intorno a lui tutti capiscono. Ha strameritato questo primo posto che è frutto di continue meraviglia tattiche: per lui, c’è poco da fare, la base del gioco è la solidità difensiva, da cui sgorga naturalmente la fase offensiva, che è puro contrattacco, pura perfidia e puro cinismo pallonaro. Una rivoluzione per chi inseguiva la Grande Bellezza, costi quel che costi. Conte, al contrario di quelli prima di lui, non ha l’ossessione e l’illusione di voler comandare il gioco. Quanto ai giocatori: prenderli per il collo, poi blandirli, poi stimolarli, lodarli, farli sentire parte del gruppo, esaltarne l’orgoglio, far venire fuori le parti migliori dell’uomo e dell’atleta: ecco il metodo Conte. “