José Altafini, oggi 86 anni, è stato campione del mondo con la maglia del Brasile nel 1958 in Svezia.
A Napoli per sette anni ha realizzato 71 reti in 180 presenze. Nel suo palmares ha 4 scudetti, due vinti con il Milan (con cui ha conquistato anche la Coppa dei Campioni) e due con la Juventus. I napoletani lo ricordano ancora oggi per quel gol quasi allo scadere con la maglia bianconera che regalò lo scudetto alla Juventus invece che al Napoli nella primavera del ’75. Arrivò all’ombra del Vesuvio con Omar Sivori, entrambi acquistati da Roberto Fiore e fu subito record di abbonamenti con oltre 70mila tifosi al San Paolo.
«Ad Alessandria, un posto centrale per me che lavoro tra Bergamo, Milano, Torino e Parma. Attualmente lavoro con un’azienda che produce campi di erba sintetica e sono testimonial per un’agenzia di scommesse».
Come vede il Napoli in questa stagione?«Quando ho visto che nella prima partita a Verona ha perso 3-0 ho capito che a volte i giocatori hanno bisogno di essere incentivati e sgridati. Credo che la squadra sia buona. Ho visto la partita con l’Inter e mi è piaciuta ma quest’anno sono venute fuori Fiorentina e Atalanta e le pretendenti sono tante. Sarà un’annata difficile ma il Napoli ha la possibilità di vincere».
E la Juventus?«Non la guardo mai perché mia moglie Annamaria tifa per il Napoli come suo figlio Andrea. Quindi guardiamo solo le partite degli azzurri a casa nostra. Se guardo altro mi cacciano fuori».
Com’è cambiato il calcio oggi rispetto ai suoi tempi?«Vedo solo le belle partite. Ultimamente il calcio italiano mi annoia soprattutto nei passaggi all’indietro. Odio che il portiere tocchi palla. Vedo molto invece il campionato inglese».
Le piace Conte?«Abitavamo a pochi passi di distanza a Torino ed ogni tanto ci vedevamo al bar per un caffè. Ha una grinta pazzesca. Non è sbagliato dire che se ha vinto tanto è tutto meritato. Non le manda a dire a nessuno e quando ho saputo che sarebbe venuto a Napoli ho pensato: chissà se andrà d’accordo con De Laurentiis…».
Ranieri a 73 anni torna sulla panchina della Roma. Nel calcio non ci si ferma mai.«Gli auguro ogni bene, tranne domenica (ride). È una persona stupenda, mi piace perché è pacato».
Nel calcio di cosa c’è più bisogno?«Del bastone e della carota. Non si può sempre picchiare ma neanche essere troppo remissivi».
Lei è stato un centravanti fortissimo tecnicamente. Usava il piede destro e sinistro. Era esplosivo e forte in acrobazia.«Se sta per chiedermi chi è il più forte di sempre io le rispondo che non mi piace fare una classifica».
E quindi chi sceglie tre Pelé e Maradona?«Rispondo che c’è un gruppo di giocatori come Pelé, Maradona, Messi e Ronaldo il fenomeno. Poi ci sono gli altri. Però devo dirle una cosa».
Prego.«Il mio più grande rammarico è che un presidente come Roberto Fiore, un allenatore come Bruno Pesaola e giocatori come Juliano, Sivori, Montefusco e Improta non abbiano vinto lo scudetto qui a Napoli».
Perché andò via?«Perché non mi hanno trattenuto e perché da sette anni non partecipavo alla Coppa dei Campioni che mi mancava molto. Mi cercarono Roma, Sampdoria, Fiorentina e Milan ma avevo già firmato con la Juventus che era l’unica italiana a giocare la coppa. Per me era la più bella manifestazione che potesse esistere, più del Mondiale. Perché erano le partite che dovevi vincere a tutti i costi non come oggi che c’è la classifica».
Quanto le è dispiaciuto quel soprannome di core ‘ngrato?«Hanno ragione perché ho fatto gol. Ma in quella partita vorrei ricordare che in campo c’erano tre ex napoletani: Dino Zoff, Oscar Damiani e io. Vincevamo 1-0 con un gol di Franco Causio, poi ci fu un tiro di Juliano e Zoff fece una parata strepitosa. Perché nessuno lo ha mai chiamato core ‘ngrato?».
Fonte: Il Mattino