Inter-Napoli: due mondi a confronto

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui anche nell’Inter alla guida c’era il patrimonio umano: Moratti, Fraizzoli, Pellegrini e per certi versi anche mister Zhang. Poi, d’un tratto, ecco che l’Inter diventa ufficialmente di Oaktree Capital Management, società americana di gestione patrimoniale fondata nel 1995 a Los Angeles, dove ha tuttora la sede principale. Secondo una stima di qualche mese fa, il patrimonio gestito da Oaktree corrisponde a circa 192 miliardi di dollari. Ora immaginiamo cosa sia l’Inter per gli americani, con il suo valore della rosa che sfiora i 600 milioni di euro e i 47 milioni immessi nel club in estate. A capo del club nerazzurro, meno male, c’è Beppe Marotta, che il calcio lo ha scalato a piccoli passi.

Inter e Napoli si contendono il primo posto con due maniere all’opposto di affrontare le questioni di bilancio: il club nerazzurro sempre ben al di là delle proprie possibilità: quello azzurro con un mantra assoluto: si spende quello che si incassa. Da sempre. Eccoli i due bilanci a confronto.

Oaktree è storicamente presente da diversi anni in Italia, paese dove ha effettuato diversi investimenti ma ha preso l’Inter con un ingresso (forzato) per il mancato pagamento di un debito da 395 milioni da parte della famiglia Zhang. E subito hanno iniziato, assieme al fondo che guida il Milan, RedBird, a parlare la stessa lingua. Tanto che i due club hanno affrontato assieme la questione del nuovo stadio. Argomento che De Laurentiis a Napoli non riesce ancora a prendere in pugno. Al di là delle ipotesi di lavoro. La seconda stella porta bene all’Inter. Nella scorsa stagione, il cui bilancio si è chiuso il 30 giugno 2024, il club neroazzurro ha visto un netto miglioramento di tutte le voci: dai ricavi saliti di 48 milioni (fino a 473 milioni), a una riduzione delle perdite di 50 milioni, che ha fatto scendere il rosso a 36 milioni, dagli 85 dell’anno prima.
Inutile star qui a sottolineare le differenza nella gestione manageriale del Napoli da parte di De Laurentiis che si aggiudica anche quest’anno, nonostante il decimo posto, lo scudetto dei conti: non solo per l’utile netto, ma anche gli altri indicatori di bilancio sono positivi: il patrimonio netto e la posizione finanziaria netta. Il faro è stato sempre l’equilibrio del bilancio: tant’è che questa estate, quando il Napoli ha dovuto sborsare circa 150 milioni di euro sul mercato (non è riuscito a cedere Osimhen e a monetizzare), ha fatto ricorso non a una immissione di liquidità da parte della proprietà ma all’impiego della liquidità messa a riserva.

Ecco, la differenza sostanziale tra De Laurentiis e il resto d’Italia è proprio in questa straordinaria manutenzione della sua macchina finanziaria. A cui negli ultimi due anni si affianca anche una notevole crescita degli introiti legati a sponsorizzazioni internazionali e marketing: c’è un manager come Tommaso Bianchini che gestisce tutta la parte dell’organizzazione societaria, c’è la figlia Valentina che si occupa della produzione di maglie e abbigliamento ufficiale della società “in house”, unico esempio in Italia di “autoproduzione”. Insomma, tra il Napoli e l’Inter ci sono due visioni di gestione di società agli antipodi. Il primo posto è anche una questione di filosofia. D’altronde, basta guardare il monte ingaggi: il Napoli non supera gli 85 milioni di euro ed è il quinto in serie A, quello dell’Inter raggiunge i 142 milioni.

Fonte: Il Mattino

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