Colonnese a Il Mattino ricorda una particolare semifinale di Coppa Italia

L’ex calciatore del Napoli e dell’Inter Francesco Colonnese, ha parlato in un’intervista a Il Mattino.

La primavera del ‘97 la ricorda ancora. «Quell’anno avrei potuto vincere la Coppa Italia col Napoli, la squadra per cui tifava mio padre. A fine stagione mi trovai fuori, non venni riscattato. Ricordo ancora l’amarezza. Ma si aprirono le porte dell’Inter».
Francesco Colonnese racconta ancora con emozione quel sogno a occhi aperti.
Cosa successe?
«All’Inter era arrivato Gigi Simoni, che mi lanciò a Cremona quando avevo 18 anni e poi mi allenò a Napoli. Subito una stagione fantastica, giocai con campioni assoluti, da Bergomi Ronaldo. Vincemmo la Coppa Uefa dopo aver perso in maniera scandalosa lo scudetto sul campo della Juve. Ecco, ciò che accadde a me quell’anno dimostra che nei momenti in cui le cose vanno male può esserci il rovescio della medaglia. Uscii dal Napoli e andai all’Inter, per giocare tre anni in una delle squadre più amate al mondo, quella a cui sono rimasto più affezionato. Anche se c’è un Napoli-Inter, da difensore azzurro, che ricordo ancora con gioia».
Semifinale di Coppa Italia del ‘97 al San Paolo.
«L’Inter molto più forte ma passammo noi. Decisiva la parata di Taglialatela sul rigore di Paganin. Un’esplosione di gioia per novantamila napoletani e per noi che avremmo poi affrontato in finale il Vicenza».
Senza Simoni, licenziato prima della seconda sfida al Menti.
«Gigi è stato un secondo padre. Gli devo tutto non soltanto calcisticamente. Mi ha insegnato tanto sul piano umano. Il primo giorno a Cremona mi disse: “Tu vieni da Potenza, sai quanti ragazzi della tua città vorrebbero giocare in serie A? Dai tutto in campo e rispetta sempre i tifosi”. Una lezione che non ho mai dimenticato».
È stato compagno di Simone Inzaghi nella Lazio e poi a Siena trovò Antonio Conte nello staff tecnico, vice di Gigi De Canio.
«Simone era già un profondo conoscitore del calcio, una competenza assoluta su tutti i giocatori di tutte le categorie. Immaginavo che avrebbe fatto carriera però nel ruolo di direttore sportivo. Invece, quella cultura e quella passione le ha utilizzate da allenatore, con risultati straordinari. Ora è uno dei migliori d’Europa. Credo che abbia preso molto da Eriksson, che ci allenò a Roma: ad esempio, nel rispetto del gruppo e nella strategia tattica. Sa trovare altissime motivazioni quando è sotto pressione».
E Conte?
«Era il vice ma fremeva per diventare allenatore. Prestava attenzione all’aspetto fisico e aveva una mentalità vincente, d’altra parte era cresciuto nella Juve. Quella stagione la ricordo bene: segnai il gol decisivo per la vittoria della salvezza del Siena in casa della Roma».
Conte, un vincente che vuole confermare la sua leadership al Meazza.
«La prima che gioca in casa della seconda, una sfida con grandi valori tecnici. Il Napoli deve riscattare lo 0-3 contro l’Atalanta, l’Inter proverà a sfruttare questa occasione per il sorpasso dopo aver vinto la durissima partita di Champions contro l’Arsenal. Partita equilibrata, con giocatori che avranno grande voglia di battersi e alcuni anche con motivazioni particolari, come Lukaku e Zielinski, i due ex».
Per chi tifa?
«Per mio figlio… Lorenzo è il capitano dell’Under 18 del Genoa, gioca da difensore centrale: stesso ruolo del padre. Non so dove possa arrivare però ha una base solida e lo ha dimostrato quando è andato via di casa a 14 anni per trasferirsi a Genova. Questa abnegazione, questa voglia di non mollare che si vede sempre meno, è un valore che può fare la differenza».
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