“Ti racconto i campioni del Napoli”: da Vinicio al primo scudetto la storia azzurra in un libro

Oltre mezzo secolo di Napoli. Da calciatore e poi da tifoso. Anzi, da Capitano, perché quella fascia non si è staccata dal braccio di Beppe Bruscolotti quando decise di consegnarla all’amico del cuore Diego Maradona chiedendo in cambio di fargli vincere il primo scudetto della sua vita. Questa e tante altre storie il secondo calciatore per numero di presenze in maglia azzurra (511, nove in meno di Hamsik) ha messo in fila nel libro “Ti racconto i campioni del Napoli: i fuoriclasse che hanno fatto la storia del club azzurro” (Editore Gribaudo, pagg. 240, euro 19,90), scritto con la collaborazione del fumettista e illustratore Paolo Castaldi.
Beppe, quella domenica, era al fianco di Diego nel giro di campo mentre Napoli impazziva di gioia. «Se qualcuno mi chiedesse di definire la felicità lo manderei direttamente al San Paolo in quel pomeriggio di primavera», scrive Bruscolotti. Un anno dopo l’addio al calcio e al Napoli, perché a un campione di fedeltà come lui venne proposto dal dg Moggi un piccolo ruolo: allenatore di una giovanile.
Rifiutò e fu quello un momento di profonda amarezza, subito superato perché Beppe ha l’anima azzurra. Fin dal 1972, quando mise piede a Napoli dopo gli inizi nel Sorrento. Aveva 20 anni e il tecnico Chiappella lo utilizzò subito da titolare. Tra i primi attaccanti marcati Riva e Boninsegna. «Affrontati senza paura. E dire che fino a qualche settimana prima li avevo visti solo nell’album delle figurine». Platini, anni dopo, «quasi mi coccolava in campo perché aveva paura delle mie entrate». E mise la museruola anche a quel presuntuoso di Rensenbrink, olandese vice campione del mondo e stella dell’Andelercht, avversario del Napoli in Coppa delle Coppe. «Pesaola mi caricò per bene dicendomi che Rensenbrink aveva dichiarato che avrebbe segnato due gol. Lo feci io il gol». Il più duro avversario? «Bongiorni, attaccante della Reggina affrontato in serie B».
Quanti ne ha visti, Beppe, di presidenti (forte il legame con Ferlaino), dirigenti (delicato l’omaggio a Dino Celentano), allenatori e campioni. La dedica è per Chiappella, i pensieri più intensi per Maradona. «Quella sera dell’84, quando arrivò a Napoli, mi chiesi perché il più grande calciatore al mondo aveva deciso di giocare qui. Lo capii dopo: voleva scrivere la storia». Aveva rischiato di non giocare con Diego perché pochi anni prima c’era stata tensione con Juliano, passato dal ruolo di capitano a quello di manager, per l’aumento del contratto. Beppe era l’esatto contrario del calciatore che pensava soltanto ad arricchirsi: a Soccavo arrivava a bordo di una A112. Di Bianchi, «il rompiballe» voluto da Allodi per vincere, ricorda anche un litigio a Foggia durante un’amichevole («Il mio ammutinamento», ironizza).
Di Vinicio, ‘O Lione che cambiò il calcio a Napoli, i pugni che diede in un ritiro toscano e in un bar di Cagliari a quelli che s’erano permessi di infastidire i suoi ragazzi. E, infine, di Conte dice: «L’uomo giusto al momento giusto. Uno che vuole squadre battagliere, che predilige circondarsi di uomini che anche nei momenti più bui dimostrano di essere attaccati alla squadra». Uno così sarebbe stato perfetto per Bruscolotti.

 

Fonte: Il Mattino

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