Capolavoro del tecnico dell’Atalanta che batte Conte per la prima volta e vince 3-0 al Maradona.
Il popolo azzurro capisce e comunque canta Napoli, è stata la mano di Gasp
Doppio Lookman e Retegui
Gli azzurri non hanno il pressing e i piani alternativi dei nerazzurri Lo stadio intercetta il momento e accompagna il brutto stop della squadra sostenendola Ora c’è l’Inter.
Un modo per dirla strappando un sorriso sarebbe giocando sulla storia del dentista, ma è tutto molto serio: il Napoli ha perso l’imbattibilità in casa e interrotto una serie positiva lunga 9 partite e 5 vittorie consecutive contro una grande Atalanta, pur mantenendo il primo posto. La Dea è stata bella e impossibile anche a casa del Dios, un Maradona inviolato da quando c’è Conte, sconfitto per la prima volta in carriera da Gasperini all’ottava sfida. L’ottava meraviglia tattica di Gasp per il quinto successo di fila con 18 gol segnati: tiene fuori il capocannoniere Retegui e disegna un 3-4-1-2 con De Ketelaere e Lookman larghi e Pasalic alle spalle, togliendo riferimenti alla squadra che aveva la miglior difesa d’Europa, imbattuta nella propria area di rigore dal 18 agosto. Giorno della prima e fino a ieri unica sconfitta in campionato: un altro 3-0, con l’Hellas. Fatalità.
I SIMBOLI. Rispetto a Verona è stata una partita diversa, piuttosto equilibrata per i numeri: possesso al 50% (50.2 Napoli), 13-12 tiri, 25-24 tocchi in area avversaria, 540-545 passaggi. Ma certi fattori hanno fatto la differenza: 3 tiri nello specchio per entrambe, 3-0 per l’Atalanta.
Due gol di uno strepitoso Lookman, uno del solito Retegui. E ancora: il predominio della Dea nei duelli (57.3%), nei contrasti e nei dribbling è il simbolo dell’intensità, dell’efficacia e di codici recitati a memoria. Di piani alternativi che agli azzurri ancora mancano, soprattuto quando giocare su Lukaku diventa complesso: Hien lo ha cancellato e il popolo lo ha fischiato.
A fine partita, invece, i cinquantamila hanno applaudito il Napoli. Hanno cantato di avere ancora un sogno nel cuore, dimostrando però di comprendere quanto importante sia sostenere il gruppo: nel percorso di crescita e verso la partita di domenica a San Siro con l’Inter.
Ultimo esame del tris maturità-verità.
I PASSI. Anche gli episodi sono stati tutti a favore dell’Atalanta: il palo pieno di McTominay meno di un minuto dopo l’1-0 di Look; errori individuali; i colpi di testa di Rrahmani e Buongiorno nella ripresa, da azione d’angolo.
Ecco: il Napoli ha creato le migliori chance su palle inattive e iniziativa personale. Un passo indietro, dopo quelli in avanti con il Milan. E ancora: la proverbiale organizzazione difensiva è stata fatta a brandelli da CDK e Lookman, superbi a costruire il bis in due contro sei avversari poco reattivi in pressione e in marcatura, e in genere immarcabili. Ben supportati dalle discese di Zappacosta e Ruggeri; dal doppio lavoro dei mediani – infinito Ederson – e di Pasalic, bravo a legare i reparti e ad oscurare un Gilmour mai incisivo in regia e nei contrasti. L’assenza di Lobotka, ieri, s’è avvertita per la prima volta nel ritmo e nell’intensità. La pressione alta della Dea e il pressing uomo-uomo ha azzerato le sponde di Lukaku, normalizzato Kvara e strozzato il 4-2-2-2 (5-4-1 in fase difensiva). McT, indomito nel primo tempo, questa volta ha lasciato più tracce da mezzala che in appoggio a Romelu.
I più vivaci? I cambi: Spinazzola, Simeone, Raspadori, Ngonge e Neres, con cui Conte l’ha messa sul 4-2-3-1 nel finale. Invano: la reazione generosa ma improduttiva s’è spenta sull’ennesimo errore individuale in disimpegno – dal rinvio di Meret – con tris di Retegui a difesa schierata.
Fonte CDS