Il regista di Parthenope parla della sua città e soprattutto della squadra attualmente in testa al campionato: “Antonio mi sembra un uomo molto serio: non fa proclami, non va in scena. Nel calcio e nella politica, si va troppo in scena e si diventa poco credibili. Kvara come Maradona? Gli assomiglia, vagamente… Diego è un mito, ma ho amato di più lo scudetto di Spalletti”
Passione travolgente, che fa riflettere e sognare. Napoli vince. Sul campo come al cinema. Conte vola in A, Paolo Sorrentino al botteghino. La sua Parthenope è già il film italiano che ha incassato di più in stagione.
Nel film, Parthenope dice: “È impossibile essere felici nella città più bella del mondo”. Cos’è Napoli per Paolo Sorrentino? “La città dove sono nato e cresciuto, dove ho avuto i figli, dove ho abitato 37 anni. È un po’ tutto, come mamma e papà. È il luogo che ti ha determinato, formato, fatto diventare quello che sei. Quello che succede dopo, da adulto, non è parte della tua formazione ma della tua definizione e ridefinizione. L’identità si stabilisce prima e io sono il risultato della mia città. Anche quando scrivo e cerco di andare lontano… ciò che scrivo resta figlio di una cultura che deriva da Napoli”.
E quando ci torna le emozioni sono le stesse? “Ci torno molto per lavoro, non per scelta. Ho come l’impressione che, quando si torna in posti così importanti, si viva una strana connessione di estraniamento. Sono posti che conosci benissimo, ogni angolo rimanda a qualche ricordo. Ma allo stesso tempo sono posti che non appartengono più alla tua quotidianità. E il risultato è un misto di casa ed estraniamento dalla casa”.
Da “L’uomo in più” a “È stata la mano di dio”, passando per la dedica a Maradona dopo l’Oscar. Il Napoli è un po’ il filo conduttore dei suoi successi. “Il calcio lo è. Ha significato più di una passione, è stato un percorso di formazione: quando è arrivato Maradona avevo 14 anni, dentro di me già esisteva – e poi è esplosa – l’idea che tutto ruotava attorno a quella cosa là. Ho passato l’adolescenza, anni fondamentali, a parlare con gli amici di ciò che stava accadendo a Napoli. Come dal 1980 si parlò unicamente del terremoto, dal 1984 si iniziò a parlare unicamente di Maradona. Il Napoli era diventata la mia quotidianità in maniera molto elettrizzante. E andare a vedere Maradona allo stadio era come assistere uno spettacolo dentro a un evento. Diego era portatore di gioia e come tale alimentava le fantasie delle persone: si assisteva a una serie di spettacoli accessori all’originale, che era Diego col pallone”.
Unendo calcio e cinema, che film è Parthenope? “È sentimentale, molto romantico. E dato che mia mamma era innamorata di Gigi Riva, mi piace associarlo a lui”.
I richiami alla festa scudetto sono evidenti. La sceneggiatura era già stata scritta e poi è stata modificata in corso d’opera? “Scrivevo mentre stavamo andando molto bene in campionato, ma per scaramanzia non ho scritto la scena in cui il Napoli vinceva lo scudetto. L’avevo in mente, però quando è successo è bastato scendere in strada e cominciare a girare. Poi certo, la genialità dei napoletani mi ha sorpreso e ispirato…”.
Dov’era lei la notte del 4 maggio 2023, dopo il pari di Udine? “A casa con mio figlio, perché non abbiamo vinto la partita prima… ma è stato lo stesso molto eccitante”.
Diverso da quelli di Maradona? “Ognuno declina i grandi eventi a seconda di ciò che sta vivendo. Il primo scudetto di Maradona è arrivato un mese dopo la morte dei miei genitori e quindi non c’è stata possibilità di festeggiare. Ero in un altro stato emotivo, era tutto in secondo piano. Questo con Spalletti l’ho vissuto da adulto e con maggiore serenità, forse l’ho amato di più rispetto agli altri, perché è capitato in un momento felice della mia vita”.
Si aspettava di poter rivincere lo scudetto dopo 33 anni grazie a un produttore cinematografico? “De Laurentiis è un imprenditore molto capace”.
Durante la festa scudetto disse: “Diego ci ha insegnato come si fa e noi lo abbiamo fatto”. A Paolo Sorrentino, invece, cosa ha insegnato? “Mi ha spiegato cos’è l’ebrezza dello spettacolo. E che bisogna andare oltre l’abilità tecnica per trovare elementi di poesia e commozione. Forse dopo Maradona ci sono stati giocatori tecnicamente bravi come lui, ma nessuno ha mai raggiunto quella forma di poesia che lui ha fornito a noi”.
Maradona cosa direbbe di Kvara? “Ne parlerebbe bene, gli assomiglia. Vagamente…”.
C’è qualcosa che unisce il cinema e il calcio? “L’idea del dribbling è qualcosa di simile a un’architettura narrativa di un film. Si finge di andare da una parte per andare dall’altra”.
Per i napoletani il calcio è passione e religione. E spesso è stato riscatto sociale. “La cosa del riscatto non saprei spiegarla, non la capisco. Sulla passione, invece, la città sceglie i suoi idoli e li porta su e giù a seconda dei momenti. Il Napoli è un po’ come San Gennaro, in base a se fa il miracolo o meno, sembra che ti stia voltando le spalle. Il Napoli è lo stesso: se vince va tutto bene, se perde si mugugna sonoramente”.
A proposito di miracoli, come ha fatto un uomo rigido come Conte a conquistare in pochi mesi una città senza regole come Napoli? “La ragione è proprio questa. Mi sembra un uomo molto serio: non fa proclami, non va in scena. Nel calcio e nella politica, si va troppo in scena e si diventa poco credibili. Lui non va in scena. Se dice una cosa è perché la pensa davvero, non perché deve provocare, alludere o far ridere. Questa serietà, in un mondo dove molti giocano a chi la spara più grossa, diventa determinante. Non è recitante, non finge. E questo suo modo di essere viene apprezzato e rispettato. È anti-cinematografico e per noi è una risorsa: non a caso siamo primi”.
Lukaku spaventa le difese ma poi ha bisogno di un padre sportivo come Conte per dare il meglio. “Sono dei ragazzi, con tutte le loro fragilità. Sembrano uomini in tv, ma restano ragazzi. E l’allenatore è l’unico che lo percepisce e sa come aiutarli”.
Negli ultimi due film vengono raccontati in maniera diversa momenti di due scudetti. Ha progetti per la prossima estate? Ride: “Questo non si può… lo sa che la scaramanzia… ho progetti di andare altrove, poi vediamo…”.
L’Inter è la vera antagonista? “Io temo sempre e solo la Juve: è sempre la più pericolosa, anche quando è a metà classifica. Non si sa come, ma poi riesce a risalire”.
Il Napoli di Spalletti è stato “la Grande Bellezza”. Parthenope si può collegare a Conte? “Dietro l’atteggiamento serio e sbrigativo, Conte nasconde una dimensione sentimentale molto forte. Quindi in questo senso c’è una attinenza con il film. Però il Napoli legato alla Grande Bellezza lo riporterei a Sarri. Senza vincere lo scudetto, ci ha fatto vedere delle cose incredibili. Mertens centravanti è stato rivoluzionario. In quei tre anni mi sono divertito molto. Per carità, lo scudetto è stato bellissimo, ma da spettatore mi emozionano i gol, vorrei vederne sempre tanti”.
Cosa ci dobbiamo aspettare da Parthenope? “È un film simile a una partita con un risultato incerto. Attraversa tutti gli inciampi possibili che la vita ti presenta, come quando vai sopra 3-0 e all’improvviso ti trovi sul 3-3. E da che stavi toccando la felicità ti ritrovi a combattere con la sconfitta. Lo sport riflette molto un’incertezza del risultato e anche la vita ha un risultato estremamente incerto”.
Vincenzo D’Angelo (Gazzetta)