Bel gioco o punti? «Che io ricordi non c’è stata una squadra che abbia vinto il Mondiale o la Coppa dei Campioni, perché io la chiamo ancora così, senza giocare bene. Mi sembra un falso problema». Bruno Giordano, bomber negli anni ‘70 e ‘80, protagonista nella stagione del primo scudetto del Napoli, non è uno di quelli che storce il muso davanti a vittorie di misura, magari soffrendo, come è accaduto alla capolista nelle ultime settimane. La sua intervista a Il Mattino:
«Più che bene. Superato lo choc della sconfitta a Verona, la squadra ha ingranato. E ha margini di miglioramento. Poi, certo, ognuno ha una propria idea sullo stile calcistico. Se mi chiedete chi avrei voluto avere come allenatore tra Klopp e Guardiola, dico il primo. Ma Guardiola, con quelle vittorie, chi può osare metterlo in discussione? Il discorso sul Napoli può essere un altro».
Quale?
«Ci sta che una squadra soffra in una partita o in una fase della stagione. È possibile che al Napoli accada per altri motivi, perché è andato in testa alla classifica e avverte la pressione. Finché è stato nel gruppo delle prime 4-5 squadre nessuno pretendeva. Adesso i ragionamenti, non soltanto della piazza, sono differenti. Ma il Napoli è attrezzato per fare fronte a questa situazione, ammesso che condizioni qualche giocatore. C’è un allenatore del livello di Conte, che sa perfettamente come si gestisce un gruppo per arrivare al successo».
Che sensazione si prova a vedere il Napoli al primo posto a cinque mesi dalla chiusura dello scorso deludente campionato?
«Ma il Napoli ha sempre vissuto stagioni di un certo livello, facendo piazzamenti nelle coppe. A vedere la scorsa stagione sembrava di essere su “Scherzi a parte”: un discorso da considerare chiuso. È una bella sensazione rivederlo lassù ma non mi sorprende. Perché il nucleo dei giocatori che hanno vinto lo scudetto è forte e perché sono stati fatti innesti di qualità. E poi c’è Conte, un top. Sono la sua esperienza e la sua qualità del lavoro che hanno accorciato i tempi del progetto e il ritorno ai vertici della classifica».
Chi le ricorda?
«Direi Bianchi: un grande e silenzioso lavoratore».
L’allenatore del primo scudetto vinto con Maradona e con questo ruolino di marcia: 9 vittorie su 15 di misura e 12 pareggi. Ci si poteva accontentare anche avendo il più grande calciatore della terra.
«Il discorso era differente, perché all’epoca la vittoria valeva due punti e i pareggi avevano un peso maggiore, dunque le squadre meno forti si chiudevano quando ci affrontavano. È il risultato finale quello che conta, anche se a volte non dice tutto. Penso alla partita vinta dal Napoli per 4-0 a Cagliari: bene, fino a metà della ripresa il risultato era in bilico. E poi magari ci sono partite in cui domini ma vinci per 1-0. È la legge dello sport. Alle Olimpiadi nella finale dei 100 metri il primo vince la medaglia d’oro, non il secondo che magari avrà uno stile di corsa più bello. L’estetica è un valore relativo».
Il Napoli ha affrontato finora una sola squadra di pari livello ed è tornato con un punto dal confronto con la Juventus. E ora c’è il ciclo di gare con Milan, Atalanta, Inter e Roma. Sfide cruciali?
«Stiamo per arrivare a novembre, c’è tanta strada fare e, rispetto a queste e ad altre squadre, il Napoli non gioca le coppe, quindi la gestione del lavoro sarà differente. Queste partite, al di là della classifica, possono incidere sull’autostima dei giocatori. Faccio un esempio con quanto accadde a noi nella prima parte del campionato dello scudetto. Sapevamo con quel gruppo di poter aspirare al traguardo più importante, mai raggiunto dal Napoli nella sua storia, e furono i successi sui campi della Juventus e della Roma a rafforzare le nostre convinzioni. Il Napoli è atteso da un mese di fuoco, che tale è anche per le sue avversarie perché adesso tutti sono tornati a temere gli azzurri. Se lo superi bene, ti convinci che puoi farcela. D’altra parte all’unico momento negativo in questa stagione, dopo la pesante sconfitta nella prima giornata, il Napoli ha reagito benissimo: non ha più perso ed è riuscito a raggiungere il vertice della classifica».
«Lukaku ha una storia che parla per lui, il suo problema è di condizione fisica: per la seconda volta non ha fatto la preparazione estiva con i compagni e questo lo paghi, magari parti bene e poi accusi un calo. Partite come quella di Milano possono sbloccare un giocatore di questo livello: perché il campione vuole fare il campione. Kvara è il giocatore che ha segnato più gol finora, non è in un momento brillante ma può capitare, soprattutto perché nel primo campionato col suo gioco è stato una sorpresa per i difensori ma adesso lo conoscono meglio e cercano di prendere le contromisure. Non so se possa incidere la situazione contrattuale, direi piuttosto che il ragazzo deve ritrovare la voglia di divertirsi».
Le sfide tra Napoli e Milan sono storia del calcio: un suo ricordo?
«La più bella fu quella dell’87. Vincemmo 2-1, reti di Maradona e Carnevale. La più bella anche se non segnai, offrendo però assist e colpendo una traversa, perché ci stavamo avvicinando allo scudetto. E chi la dimentica?».
Un anno dopo, fatidico Primo maggio ‘88, il Napoli perse contro il Milan e perse lo scudetto. Lei partì dalla panchina. Se avesse giocato dal 1’ e non dal 56’ cosa sarebbe cambiato?
«Sinceramente non lo so, magari si potesse in certe situazioni riavvolgere il nastro… Quella domenica, in una partita decisiva per lo scudetto, fu un errore di Bianchi schierare due giocatori, miei grandi amici, che non erano in perfette condizioni: Bagni e Romano. Se avessimo vinto anche quello scudetto sarebbe cambiata la nostra storia».
Il Napoli tornato a comandare non sorprende Giordano. E il Maradona sempre pieno nelle sei partite giocate finora?
«I 50mila non stupiscono. Sarebbe 100mila se lo stadio avesse quella capienza. Il tifo a Napoli è l’unica certezza. Puoi avere dirigenti, allenatori e giocatori più o meno bravi nel corso degli anni ma i tifosi restano sempre i migliori».