Diciotto miliardi di lire al Lecce, una cifra spopositata, per Sesa, che una volta in campo non entusiasmò né gli allenatori Zeman e Mondonico né la tifoseria. Un’operazione che appesantì ulteriormente le casse del Napoli, che ritornò subito in B. Sarebbe risalito nel 2007 ma con un altro presidente, De Laurentiis, che aveva raccolto le ceneri del glorioso club che era stato di Maradona nell’aula del tribunale di Castelcapuano, pochi giorni dopo il fallimento.Ascolta questo articolo ora…«Furono anni difficili ma di Napoli ho un bellissimo ricordo». Così David Sesa, ex attaccante svizzero, ai microfoni di Radio Kiss Kiss qualche giorno fa. Un bellissimo ricordo sicuramente non ce l’hanno di quegli anni i tifosi del Napoli. Sesa, non per colpa sua, rappresentò l’immagine di una società che faceva operazioni di mercato assurde.
Scampato alla crisi finanziaria e tornato in serie A grazie al lavoro di Novellino e ai gol di Schwoch, nell’estate 2000 il club aveva affidato la panchina a Zeman e scelto come consulente tecnico Alessandro Moggi, figlio del manager della Juve e capo della Gea, il potente gruppo che aveva le procure di decine di calciatori. Tra questi lo svizzero Sesa, reduce da un positivo campionato con il Lecce e ricordato per la rete della vittoria sull’Inter. iIl Napoli, guidato al 50 per cento da Ferlaino e Corbelli, affacciatosi nel mondo del calcio da pochi mesi dopo le esperienze nel basket, avrebbe dovuto fare investimenti contenuti per recuperare quell’equilibrio finanziario che nelle precedenti stagioni aveva portato la società a un passo dal fallimento e reso sempre più debole la squadra, due anni prima retrocessa con 14 punti. Ma si fece il presunto affare