Fisico mingherlino, statura bassa, all’apparenza debole fisicamente: proprio per questi motivi Stanislav Lobotka ha iniziato la sua carriera come attaccante. Non serviva giocare di astuzia in area, superava tutti in dribbling e depositava la palla in rete. All’Akademia Sparta Trencin, fino ai 15 anni è stato il trascinatore della squadra ma è all’AS Trencin, dove lo porta il suo allenatore Jan Blahac, che scopre la sua vocazione come centrocampista: troppi attaccanti e quindi Lobotka viene mandato a giocare con i più grandi, prima trequartista, poi mezzala, infine davanti alla difesa a impostare il gioco. Solitamente, vengono messi i più forti fisicamente davanti alla retroguardia, ma il Trencin decide di mettere Lobotka e un giocatore con caratteristiche simili. Il segreto del successo? Il gioco palla a terra. “Da regista era illuminante. Non aveva un fisico sviluppato ed era il più giovane della squadra, però in campo nessuno manteneva il suo ritmo. Passaggi precisi, letture di gioco eccellenti, duelli uno contro uno. Rubava palla, affrontava gli avversari e lanciava i nostri attaccanti. Aveva un’intelligenza tattica diversa da tutti gli altri“, le parole di Blahac. Mingherlino lo è sempre stato Lobotka, per gli amici Stanko, tanto che una volta, per tornare a casa, venne messo nel bagagliaio e si addormentò pure.
Fonte: Gazzetta dello Sport