La Gazzetta dello Sport scrive così sulla situazione Mario Rui a Napoli:
Nel Napoli di Antonio Conte – inizialmente con la difesa a tre – il quinto di sinistra, come si dice in Accademia, non può essere Mario Rui, che finisce sul mercato, ma per modo di dire: chiamano – o così raccontano – dal Brasile (il San Paolo) e dalla Turchia (Istanbul Basaksehir), dalla Spagna (il Villarreal) e dalla Francia (il Nizza e il Lille) ma per ogni proposta c’è pronto un bel no, secco, che non ammette indugi.
A gennaio si vedrà. Mario Rui finisce fuori rosa, si allena a parte, sente sfilare il venticello caldo nella Pineta di Castel Volturno, vede i suoi amici con cui un anno e tre mesi prima festeggiavano il titolo di campioni d’Italia arrivare quando lui sta uscendo dal Centro Sportivo ed avverte sbattere i cancelli: è fuori dal Napoli e quando il 2 ottobre, rientra, standosene in gruppo, è sempre e comunque un “intruso”. Nella lista che si consegna in Lega prima che comincino le danze il suo nome non è mai stato inserito – lo sapevano tutti, anche lui – né accadrà: ma i regolamenti vanno assecondati, lui ne ha chiesto il rispetto e l’unica concessione che gli viene fatta dal Napoli è, ovviamente, l’allenamento collegiale.
Mario Rui c’è ma è come se non ci fosse, oppure non c’è ma è come se stesse lì, semplicemente un contratto, due milioni netti da gustarsi in memoria del settennato, vissuto con Sarri, Ancelotti, Gattuso e Spalletti, che lo nominò “professore”, cattedra ad honorem sulla fascia sinistra, piedino niente male, assai educato, un resistenza che con un fisico del genere non avresti mai detto, e poi comunque pure uno spirito ribelle della serie: non mi faccio saltare la mosca al naso. Mario Rui nel Napoli ha avuto un ruolo, mai defilato, nonostante abbia dovuto governare la corsia esterna; poi pure un’evoluzione, che con Spalletti l’ha portato ad entrare dentro al campo, un po’ fluidificante e un po’ mediano, ha saputo combattere la diffidenza, e ne ha avvertito, e di ribellarsi ai luoghi comuni o ai pregiudizi.
Poi, sarà stato per stanchezza, per sfinimento, per (dis)interesse o vai a capire cosa sia scattato nella sua testa e in quel confronto serrato con il Napoli, con De Laurentiis e (pare) pure con il suo manager, che non avrebbe condiviso tutti quei rifiuti estivi: comunque, e per farla breve, non potendosene andare sull’Aventino – che pure ha conosciuto nella sua breve esperienza alla Roma – Mario Rui s’è adagiato nella sua comfort zone: da Posillipo, in certe albe, Capri sembra di toccarla; e da Castel Volturno, in alcuni tramonti, si ha la sensazione di poter attraccare a Ischia. Sempre meglio che lavorare, direbbero in portoghese: a Marettiello (come lo chiamano affettuosamente al Maradona) niente da ridire. E ci mancherebbe: quattro milioni sino al 2026. Draghi non ci crederebbe.