I «magliettari» napoletani, così li chiamavano nelle conversazioni intercettate, se la vedevano brutta con gli ultras della Curva nord interista. Il gruppo di violenti nerazzurri gestiva tutti gli affari illegali dentro e fuori lo stadio Meazza e non tollerava intrusioni di concorrenti in trasferta. Andrea Beretta, 49enne leader omicida del gruppo, investì Francesco Intagliata, suo fedelissimo, del compito di dissuadere i campani dal vendere magliette taroccate, gadgets fasulli e qualsiasi altro tipo di mercanzia abusiva fuori lo stadio.
Intagliata istituì una specie di servizio di «guardiania», per controllare che ogni affare legato al Meazza fosse gestito da gente amica. E a telefono, diceva Berretta: «Dobbiamo schiacciarli come scarafaggi». Intagliata rispondeva: «Se ci sono io lì, i napoletani non vengono, te lo garantisco al cento per cento! Addirittura mi hanno chiamato per chiedermi il permesso per venire a Milano. Capisci? Non allo stadio, ma a Milano». Scrive l’edizione odierna de Il Mattino.
L’affare del «falso»
Sull’affare gadgets taroccati fuori lo stadio Meazza era interessato Emanuele Rimaudo, collegato al gruppo della Curva nord, riferimento dei venditori ambulanti nella zona San Siro, che sollecitava vigilanza. E chi ne veniva investito, per cacciare gli «intrusi napoletani» era pronto a passare facilmente alle maniere forti. Ne fece le spese il cinquantenne napoletano Antonio Scialò, che il 16 febbraio del 2022, in occasione della partita Inter-Liverpool, tentava di vendere merce contraffatta e biglietti fuori lo stadio. Fu affrontato da Andrea Beretta, con Nicola Vivino e la fidanzata Filomena Falconi, che lo pestarono a sangue.
La donna dichiarò agli agenti della Digos che l’uomo a terra sanguinante si era «sentito male», mentre Scialò raccontò: «Mi hanno aggredito perché sono napoletano, minacciandomi di morte e distruggendo lo spray con il medicinale indispensabile a curare i miei attacchi d’asma». Calci e pugni contro l’intruso in un affare che, secondo alcune conversazioni intercettate, riusciva a fruttare ai capi ultras qualcosa come 120mila euro da spartirsi in un anno. Scrive il giudice Domenico Santoro: «In realtà si trattava di violenza per ragioni concorrenziali. Gli ultras della Curva dell’Inter svolgono un’attività di security, lautamente retribuita, per evitare che i magliettari napoletani vendano i loro prodotti all’esterno dello stadio San Siro».
I concerti di Ultimo
Non solo in occasione delle partite di calcio, ma anche ai concerti di musica, il gruppo degli ultras interisti controlla il business dei gadget fuori lo stadio. Il 17 luglio del 2023, al concerto del cantante Ultimo, fu ancora Emanuele Rimaudo a sollecitare il servizio di «guardiania» anti-napoletani. Se la videro brutta e dovettero scendere a patti con i monopolizzatori milanesi della vendita, i napoletani Vitale e Federico Minopoli e Francesco Sepe. Furono chiare le intercettazioni di quella sera, con Francesco Intagliata a dire: «Un morso gli devo dare…». E Giuseppe De Cillis, anche lui impegnato nel servizio di «guardiania»: «Fra, pigliagli le fascette, dagli un calcio in culo e li mandiamo via». Sempre in occasione dei concerti di Ultimo, stavolta il 23 e 24 luglio del 2022, furono aggrediti alcuni venditori abusivi di origini napoletane. Vennero identificati tre ultras interisti responsabili, tra cui quel Vittorio Boiocchi poi ucciso sotto casa qualche tempo dopo.
Gli incidenti
Almeno dieci tra i coinvolti nell’inchiesta della Dda milanese, accusati di associazione a delinquere e alcuni anche mafiosa, sono ritenuti coinvolti nella sanguinosa aggressione del 26 dicembre 2018 contro i tifosi napoletani. È uno dei diciotto episodi di violenza elencati dai magistrati, compiuti dal gruppo di ultras nerazzurri organizzati con struttura piramidale e tanto di direttivo. Un episodio tragico, che costò la morte al tifoso interista varesino Daniele Berardinelli. Lo scontro avvenne in via Novara, angolo via Fratelli Zoia. Un centinaio di ultras interisti organizzò un agguato alla carovana di veicoli degli ultras napoletani diretti allo stadio milanese per la partita Inter-Napoli. Violenze feroci, anche con coltelli e corpo a corpo, e ci scappò il morto.
Violenti, in grado di gestire e controllare il monopolio di tutti i business illegali dentro e fuori lo stadio: vendita di biglietti a sovrapprezzo, gadget falsi, parcheggi, bevande. Un gruppo che si poneva da interlocutore principale del tifo organizzato con la società interista e millantava rapporti privilegiati con i calciatori. Allo stadio Arechi, dopo la partita Salernitana-Inter ci fu un «confronto» in campo tra gli ultras nerazzurri della Curva nord e l’allora centravanti interista Lukaku, cui fu chiesto conto della prestazione deludente. Intercettato, uno dei capi ultras, Marco Ferdico, raccontò: «La squadra è sotto scacco degli Ultras». E a un giornalista della Gazzetta dello sport, aggiunse: «Non capisco che gioco del c…fa il tuo giornale… Io parlo con Lukaku tutti i giorni e vuole fare di tutto per restare». Il delirio di onnipotenza del violento mondo ultrà della Curva nord milanese.