Nell’estate del 2017 il Psg versò al Barcellona i 222 milioni della clausola rescissoria per Neymar. Fu l’apice dell’era delle spese pazze in un calcio trasfigurato dalla globalizzazione e dai soldi dei nuovi ricchi. Quell’affare rimane la transazione più cara della storia.
Mai più raggiunte quelle cifre e “probabilmente mai accadrà in futuro, a meno di assistere a una crescita sostanziale dei fatturati”, assicura Andrea Sartori, fondatore e ceo della società di consulenza Football Benchmark. Siamo ormai pienamente entrati in un’altra dimensione: l’ultima sessione di mercato ne è stata la conferma. I dati di Transfermarkt, elaborati da Football Benchmark, evidenziano soprattutto un’inversione di tendenza della Premier League, cioè del campionato più glamour e più ricco del mondo, quello che grazie alla pioggia di quattrini dei diritti televisivi venduti in ogni angolo del globo aveva fatto schizzare l’inflazione dei costi. Un anno fa i club inglesi avevano registrato una spesa aggregata netta (saldo tra acquisti e cessioni) di 1,27 miliardi di euro. Stavolta si sono fermati a 716 milioni, con un miglioramento di oltre 550 milioni del bilancio dei trasferimenti. Anche la lega saudita, che nell’estate 2023 aveva fatto saltare il banco con una spesa netta di 883 milioni, si è data una regolata riducendo l’esborso a 383 milioni. Segue, a sorpresa, la Serie A, con un saldo negativo di 298 milioni, superiore a Ligue 1 (-128), Bundesliga (-73) e Liga (-13), mentre i campionati olandese e portoghese riportano un segno positivo (rispettivamente +108 e +186). Fonte: Gazzetta