Il commento di Max Gallo rivolto al nigeriano: “Era l’eroe, ora gli restano solo i soldi”

Lo scrive sulle pagine del CdS:

 

“L a soddisfazione arriva a fine giornata. Quando ti alzi dalla tavola e stancamente segni sulla lavagna, a caratteri cubitali, la cifra 30.136. Trentamilacentotrentasei euro. E ti sforzi di essere appagato. Se ti chiami Victor Osimhen quel numero corrisponde al tuo guadagno giornaliero netto. Fanno circa undici milioni netti l’anno. Sono quelli che gli versa il Calcio Napoli. In cambio di niente. Perché viene strapagato per non giocare. E difficilmente giocherà viste le parole di Antonio Conte sabato sera: «Non ci saranno reintegri, la rosa è questa. È una questione di coerenza».

In meno di un anno, Osimhen è passato da ottavo classificato al Pallone d’Oro, dall’essere uno degli attaccanti più contesi, a centravanti da racconto di Soriano. O forse di Dickens. Un disoccupato di extralusso. Il centravanti ricco che però nessuno vuole in squadra. Che a soli 25 anni è già costretto a vivere di ricordi. Di quando era il re di Napoli. Di quando tutti i bambini indossavano la sua maschera e la sua maglietta. E di quando, senza tentennare, alla domanda “chi è il tuo eroe?” rispondevano raggianti «Osimhen!».
Ora Victor è un eroe solo per quelli che si illudono possa esistere una vita senza stress. Da vincita al Superenalotto. Che poi spesso sono esistenze che finiscono malissimo. Perché è la sfida che ti mantiene in vita. È il percorso di fatica che devi compiere per raggiungere un obiettivo. Proprio come ha fatto lui che dalla povertà assoluta di Lagos, ai semafori, è arrivato a vincere lo scudetto a Napoli. A essere eletto miglior calciatore africano. Il successo, però, bisogna saper maneggiarlo. Guai a ridurre tutto a una questione di soldi. I soldi sono importanti. Sono fondamentali. Ma devi sentirti vivo, altrimenti ti sembrano finti. Il denaro ha senso se fai il centravanti del Real Madrid. Se i giornali parlano di te. Se i tifosi sognano una foto con te. Sennò ti abbrutisci. Ti intristisci. Non sai più chi sei.
Sì, prima di andare a letto Victor prova a darsi un tono scrivendo 30.136 sulla lavagna. È l’incasso del giorno. Intanto però sabato sera i bambini di Napoli si sono addormentati gridando il nome di Romelu e sognando la sua maglia numero undici. Ora c’è lui sui loro diari. C’è lui sui loro telefonini. Sulle carriere che progettano alla PlayStation. Sulle formazioni che scarabocchiano il giorno della partita. È Romelu l’eroe col mantello. Quello di prima è andato in pensione a soli 25 anni. Strapagato per non lavorare. Papà, com’è che si chiamava?
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