«Cronaca di una morte annunciata»
I giudici della Fallimentare del tribunale di Napoli utilizzarono il titolo del libro di Gabriel Garcia Marquez firmando il dispositivo che dichiarò il 2 agosto 2004 il fallimento del Calcio Napoli. La crisi era cominciata nel post-Maradona, dunque oltre dieci anni prima.Ferlaino l’aveva fronteggiata come aveva potuto, a nulla servirono i generosi sforzi del suo successore Naldi. Morte annunciata e dichiarata nelle aule di Castel Capuano, la storia cancellata da quel fardello di 64 milioni di debiti. Estate caldissima, con il Capo dello Stato Ciampi che ad Atene, dove erano in corso le Olimpiadi del centenario, chiedeva al presidente del Coni Petrucci di prestare attenzione al caso: non solo sportivo e giudiziario ma anche sociale perché il calcio a Napoli è una cosa sacra.
A fine agosto si mosse da Capri il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis, che cinque anni prima – sollecitato dall’amico Fiore, presidente del Napoli di Sivori e Altafini – si era già interessato al club. Si recò a Castel Capuano e tirò fuori assegni circolari per 29,5 milioni per acquisire il titolo sportivo (sarebbero arrivati a 32 dopo la promozione in B del 2006). Dal fallimento al modello di gestione, ecco cosa è avvenuto in questi vent’anni, ovviamente senza voler coprire i gravi errori commessi nella stagione post-scudetto, con il secondo peggiore piazzamento in serie A (10°) e gli investimenti sbagliati sul mercato. Ma nonostante questo il Napoli reggerà anche all’esclusione dalla Champions League e dalle altre coppe europee e questo perché De Laurentiis e l’ad Chiavelli hanno impostato un virtuoso modello di gestione, arrivando al maxi-fatturato di 359,2 milioni della stagione 2002-2003, quella del terzo tricolore. Se non vi fosse stata la riserva aurea di 160 milioni registrata nello scorso bilancio non sarebbe stato possibile ripartire come è stato fatto in queste settimane con Conte, il più quotato e il più pagato della serie A, e con un investimento da 35 milioni per il difensore Buongiorno.
La notizia dell’offerta di De Laurentiis, che portò al “Mattino” il caporedattore Gianni Ambrosino in una sera di fine agosto, aprì per il Napoli uno scenario allora difficilmente immaginabile. Una società solida e una squadra ad alti livelli, con calciatori che si sono alternati consentendo al club di realizzare importanti plusvalenze. Gli errori di un anno fa – anche nelle relazioni con gli allenatori e lo spogliatoio – hanno spinto De
Conte, col suo contratto triennale, accompagnerà il Napoli nel 2026, l’anno del centenario.
E in questo periodo vi dovrà essere un’ulteriore crescita, anche sul piano delle infrastrutture. Dal centro sportivo – l’ultimo di proprietà era quello del vecchio club, il Paradiso di Soccavo acquistato un anno fa da Fabio Cannavaro – allo stadio perché il restyling del Maradona non è soltanto un’occasione in chiave Euro2032 (entro l’autunno 2026 va presentato il dossier all’Uefa) ma è un’opportunità per l’ulteriore salto di qualità.
Fonte: Il Mattino