Il retroscena sul ritiro di Orsato

Le lacrime dopo PSG-Borussia Dortmund, sua ultima gara in Champions (semifinale di ritorno); i ringraziamenti e il pasillo de honor al termine di Atalanta-Fiorentina, con i fedeli vassalli Carbone e Giallatini e l’occasionale Pairetto con la maglia celebrativa «290 Legend» (le gare in A). Poi gli Europei, l’ultimo sogno e le dichiarazioni nell’Open Day della Uefa a Sky: «Dopo finirà la mia carriera». Ma proprio la rassegna in Germania deve aver spezzato quel copione che sembrava scritto. Niente finale per Daniele Orsato, anche per alcune direzioni non proprio alle rispettive “altezze” (sua e del torneo). Tutti si aspettavano, smaltita la comprensibile delusione, le dimissioni. Ed invece, ad oggi, nulla. Perché l’elenco degli arbitri per la stagione successiva in Italia viene ufficializzato dall’AIA solitamente il 1 luglio, proprio nel bel mezzo delle manifestazioni internazionali. È consuetudine, non richiesta da alcuna norma, che eventuali saluti avvengano alla fine dei tornei Fifa e Uefa. Fu così per Rosetti, fu così per Rizzoli. Ad oggi, però, di Orsato nessuna traccia “ufficiale”. Nessuna dimissione. In linea teorica (solo teorica?) potrebbe continuare a dirigere sia in Italia che in Uefa (dove conta l’anno solare, quindi fino al 31 dicembre 2024). Il problema è che il tempo stringe, domenica 4 agosto inizia il raduno a Cascia, fino al 3 si possono presentare le proprie volontà. Mistero. Anche legato alla voce di un “certificato” pervenuto in via Campania: di malattia (per evitare proprio il raduno) o di idoneità agonistica (ma non sarebbe meglio farla tutti insieme invece che ognuno per sé)? La Figc (in imbarazzo, c’è stato un colloquio a Roma giorni fa) lo vorrebbe ovunque tranne che fuori. Nel mezzo Rocchi, il designatore, che non sa se è meglio ritrovarselo in commissione o in campo. O come candidato presidente…

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