«Impossibile essere vincenti e non antipatici». Parole di Antonio Conte – riportate da Il Mattino quest’oggi in edicola – fin da quando infilò quel tris di scudetti consecutivi alla guida della Juventus tra il 2011 e il 2014. Conte, da buon salentino, non ha mai preteso di nascondersi. Dice quello che pensa e lo fa senza peli sulla lingua. Diversamente forse non sarebbe arrivato a diventare uno degli allenatori italiani più vincenti del terzo millennio. Ma Conte non è solo un vincente, è un convincente. L’impressione che trasmette all’esterno è quella di un allenatore che può chiedere tutto ai suoi giocatori, perché lui per loro si butterebbe nel fuoco: sempre. Era così già ai tempi di Siena e Bari, entrambe traghettate dalla B alla A, e negli anni non si è mai trasformato. Dopo aver smesso con il calcio giocato ha passato un breve periodo di apprendistato (2005) da vice di Gigi De Canio a Siena, poi la decisione di proseguire per la sua strada in autonomia con la prima panchina tutta sua all’Arezzo nel campionato di Serie B 2006-07: esperienza negativa, con i toscani retrocessi all’ultima giornata a causa, ironia della sorte, della sconfitta della Juventus contro lo Spezia che aprì le porte dello spareggio ai liguri. Senza la penalizzazione per i fatti di Calciopoli, chissà come sarebbero andate le cose.