ESCLUSIVA – Enrica Amaturo (sociologa): “I grandi quotidiani fanno ormai uso di algoritmi e software. Ai giovani dico di non rinunciare alla ricerca delle notizie”

A margine della presentazione del libro “Il romanzo del giornalismo italiano. Cinquant’anni di informazione e disinformazione” di Giovanni Valentini, giornalista e scrittore, Il Napoli Online ha realizzato un’intervista esclusiva ad Enrica Amaturo, Professore ordinario di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi Federico II di Napoli.

 

A cura di Riccardo Cerino

 

Come cambierà, a suo giudizio, il giornalismo in prospettiva futura?

Il giornalismo è già cambiato dal momento che l’avvento della rete ha radicalmente mutato non soltanto le modalità di fruizione, ma anche la struttura e l’assetto della professione giornalistica. Diversi anni fa, insieme all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, svolgemmo un’indagine sulle modalità con le quali i grandi quotidiani, le radio e le testate on line si regolavano: abbiamo scoperto che la maggior parte delle notizie è oggi prodotta dopo una scansione del web ed un’analisi del sentiment della rete. Tale lavoro preliminare è andato a soppiantare ciò che un tempo era il lavoro di ricerca, indagine ed inchiesta proprio dei giornalisti. Cambia soprattutto la struttura produttiva: consultando gli annunci di ricerca di figure professionali dei maggiori quotidiani in Italia e all’estero, è emerso che non si ricercano più giornalisti, bensì analisti web e social, ingegneri informatici, figure professionali legate all’utilizzo della rete aventi specifiche competenze tecniche. Abbiamo inoltre riscontrato che, in testate quali il New York Times o Le Monde, gran parte del lavoro redazionale è svolto attraverso l’ausilio di algoritmi che producono notizie. Tale pratica è valida ovunque. La grande differenza è che, nei giornali statunitensi, vi è un software proprietario costruito e pianificato secondo reali esigenze, mentre invece in Europa sono acquistati pacchetti preconfezionati attraverso i quali vi è un minor controllo dell’algoritmo e di quanto viene pubblicato. Uno dei temi principali è proprio il clickbait: cercare di costruire le notizie in modo tale da massimizzare il numero di click anche se il titolo di un articolo ha poco a che fare col suo contenuto. Ciò pone diversi interrogativi, nonostante la partecipazione attiva dei cittadini alla costruzione della notizia, il citizen journalism. Dunque, viene meno il carattere di mediazione del giornalista o è ancora importante la certificazione della fonte? Chi legge è consapevole oppure no del problema relativo alle fonti? Tutto quel che è vero dal punto di vista della rete, lo diviene anche per i giornali“.

Quali sono i rischi di questa nuova frontiera del giornalismo?

Anzitutto un appiattimento dell’informazione: la ricerca del titolo che attira fa sì che siano veicolate soltanto notizie giudicate potenzialmente più interessanti per il grande pubblico. È da considerare poi anche il venir meno del giornalismo d’inchiesta: se la gran parte delle notizie sono il risultato dello scouting della rete, significa che sta scomparendo questa figura atta alla ricerca delle notizie, che scava più a fondo nelle situazioni in cui è coinvolto. È proprio questo il rischio maggiore. Anche il luogo fisico della redazione giornalistica, al giorno d’oggi pressoché inesistente, era un luogo di scambio e di costruzione dell’opinione e del confronto, una vera e propria palestra. Tutto ciò oggi tende a scomparire. A causa di avvenimenti di rilievo, in primis la pandemia da Covid-19, tante relazioni dirette sono andate diminuendo, ma è opportuno prendere il buono di queste situazioni attraverso il contributo tecnologico“.

In chiusura, cosa consiglia ai giovani desiderosi di approcciare al giornalismo?

Sicuramente di non spaventarsi di fronte alle nuove tecnologie e di non scoraggiarsi. È importante riuscire a governare la nuova strumentazione tecnica: senza queste competenze di base, è difficile comprendere anche i condizionamenti che vengono posti. Tuttavia, è fondamentale non rinunciare al lavoro d’inchiesta: quando in Dipartimento fondammo F2 Radio Lab, collocammo appena fuori gli studi un cartello con scritto <<non esiste solo Wikipedia>>, invitando i partecipanti a non fermarsi né alla prima fonte riscontrata in rete né tantomeno a rinunciare di persona a scoprire le cose“.

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