I , n, s, h, a, l, l, a, h. Sono le nove lettere del numero 9. Il centravanti che sogna con il cuore diviso in due: «Sì, prima la salvezza del Frosinone e poi magari una coppa europea con il Napoli. Sarebbe perfetto. Un sogno. Inshallah». Se Dio vuole: Walid Cheddira, che prima di cominciare a chiacchierare prega seduto nella sua auto nel parcheggio dello stadio Stirpe, lo ripete continuamente con l’anima. Perché crede con l’anima e allo stesso modo interpreta il calcio: a Bologna, in pieno Ramadan, ha giocato come una furia senza bere e mangiare. E durante l’ultima sosta, invece, ha trascorso in palestra anche il sabato sera. «Faccio parte di una squadra e do tutto quello che posso». Ecco perché il ds Angelozzi lo ha scelto.
L’obiettivo è la salvezza con il Frosinone. «Ovviamente. Un pensiero fisso: lo meritano il club e questi tifosi sempre al nostro fianco».
Prima di salutare e di trasferirsi al Napoli, il club proprietario del suo cartellino. Punito con due gol domenica scorsa.«Quando scendo in campo penso al presente, non al futuro».
Scusi se insistiamo: lei ha messo in seria difficoltà la qualificazione alle coppe della sua prossima squadra...«Ma io gioco per il Frosinone e aiuto il Frosinone: vogliamo salvarci. E poi si vedrà. Intanto faccio il massimo, per ogni evenienza».
Siamo allo sprint finale. Cosa vi fa dire: riusciremo a salvarci.«Abbiamo alle spalle un anno intero di lavoro, sacrifici. Sarebbe stupido mollare proprio ora. La forza che ci viene da dentro nasce proprio da quanto abbiamo costruito. Per questo continuiamo ad allenarci al massimo e a preparare le partite al meglio. Vogliamo l’obiettivo»
Tanti dicono: il Frosinone ha coraggio, gioca e lo fa con i giovani, per questo merita di salvarsi. Si può concordare con questa linea di pensiero?«È la filosofia del nostro allenatore, Di Francesco è molto preparato. Il coraggio e l’imprevedibilità sono le nostre armi, poi noi in campo sappiamo di dover curare particolari irrinunciabili in un campionato di livello come la Serie A».
Un attaccante vive di gol: nelle prime 25 giornate ne ha fatto uno, 5 nelle ultime 7. È il capocannoniere della Serie A in questa mini frazione. Cosa è cambiato? «Secondo me l’esperienza. Ho conosciuto questa categoria confrontandomi con compagni e avversari di alto livello. Sono diventato più pronto e convinto. E poi c’è tutto un lavoro invisibile tra febbraio e marzo».
Di cosa parliamo? È vero che ha messo sessioni di allenamento personalizzato di notte? «Di notte non proprio. Sono andato in palestra alle dieci e mezzo di sera, questo sì…».
Beh, se non è notte… Il sabato, poi.Walid ride. «Sì, è un programma stilato al dettaglio così da essere idratato nel modo giusto per il Ramadan. Ho mixato il prezioso lavoro fatto in squadra con il professor Neri con quello del mio trainer personale, Dario Conte».
Il calcio è gioia, ma può essere dolore, anche riflesso: il terremoto in Marocco, mentre lei era lì con la Nazionale, deve averla dilaniata. «In quei momenti ti metti a pensare a quanto siamo piccoli rispetto alla natura e a Dio. Per questo lo ringrazio sempre per quello che ci dà. Ecco perché io credo fortemente».
Caso Acerbi-Juan Jesus: l’Italia – vista da lei – è un Paese razzista? E ancora: se il campo diventa zona franca per certi eccessi, è opportuno usare il calcio come cassa di risonanza per sottolinearli e scongiurarli? «L’Italia non è un Paese razzista e parlo per esperienza personale. In campo non so cosa possa capitare: siamo in foga, in adrenalina, e voglio pensare che nessuno insulti con l’istinto razzista. Ma che il calcio, con i suoi numeri, possa aiutare per stigmatizzare certi episodi questo sì, assolutamente».
Visto che è anche lui in prestito e quindi non togliamo nulla al Frosinone… Soulé lo porterebbe al Maradona?
Wal ride ancora. «Magari… Ma sapete cosa? Uno come Mati può stare dentro qualsiasi stadio. Mezzi tecnici incredibli, impegno ai massimi livelli».
Un po’ la sua storia: parte da Loreto e arriva lontano. Fino alla doppietta di Napoli. Tris se consideriamo la Coppa Italia.
«Grazie a Dio. È il coronamento di un lavoro duro, di tanti sacrifici che poi ti regalano soddisfazioni temporanee. Ma ripeto: serve ancora alt r o per la salvezza. Ci penso sempre perché voglio dare il 110% a chi ha creduto in me. La mia carriera è stata sempre una montagna da scalare, non venendo da un settore giovanile importante. Do tutto a chi crede in me».
Il presidente Stirpe. Proprio come il presidente De Laurentiis: prima Bari, poi Napoli. «Famiglie straordinarie. E non dimentico Luigi De Laurentiis. È anche per loro che do l’anima al Frosinone e la darò al Napoli».
Farà il ritiro con gli azzurri. «Sì, così dovrebbe essere. E poi vedremo cosa accadrà».
Dopo il 2-2 e i due gol al Maradona, due giorni da turista a Napoli.«Non è la prima volta, conosco bene la città: i miei agenti sono napoletani, Marco Sommella e Bruno Di Napoli, e mio fratello Momo gioca nel Portici in D».
È stato al murale di Diego ai Quartieri Spagnoli?«Sì, certo. E ho mangiato la pizza nel locale di Ciro. Immobile».
Ha pure vinto la sfida con Osimhen: 2-1 per lei. «Eh, cosa c’entra: lui è tra i cinque centravanti più forti al mondo. Gliel’ho anche detto».
Victor vive a Posillipo: le piacerebbe? «Perché no, magari ci penserò. Ma dipende da tanti fattori. Anche dalla distanza dal centro sportivo».
Come sono il pubblico di Frosinone e quello di Napoli?«Super entrambi. Quello napoletano è più numeroso, ma si fanno sentire tutti. Anche i baresi. È bello essere il loro centravanti».
Fonte: CdS