Inadeguatezza e piattume totale: ecco un modo per definire il Napoli

Non è più una novità in quest’amara stagione raccontare di un Napoli che manca l’occasione di dare continuità al suo rendimento. Dopo il poker di Monza che – complice il rallentamento di Bologna e Atalanta in ottica Champions – aveva parzialmente illuso i tifosi azzurri di un finale di campionato diverso, arriva puntuale l’impietosa doccia fredda del rettangolo verde.

La gara contro il Frosinone racconta di un buon primo tempo, concluso meritatamente in vantaggio (altro gioiello di Politano dalla distanza) ma col rimpianto di aver sprecato diverse nitide occasioni – incredibile quella di Osimhen tutto solo davanti a Turati – che avrebbero consentito di mettere anticipatamente in cassaforte la contesa.

Basta infatti qualche minuto ad inizio ripresa per veder materializzarsi i fantasmi che accompagnano la squadra Campione in carica dal primo istante di quest’annata. Prima Romagnoli salva sulla linea il possibile raddoppio, poi è Meret a vanificare la parata sul rigore calciato da Soulé nella prima frazione. Orrore in disimpegno, ne approfitta proprio l’argentino che serve Cheddira: per il marocchino in prestito ai gialloblu, ironia della sorte, dal club azzurro è un gioco da ragazzi insaccare nella porta sguarnita.

Subìto il pari, il Napoli si riversa in avanti e trova la rete del nuovo vantaggio, con Osimhen che stavolta fa centro approfittando di un pallone non allontanato tempestivamente dalla retroguardia ciociara. Il Frosinone non molla e trova il gol del definitivo 2-2: cross di Zortea dalla fascia destra dove spunta ancora Cheddira che beffa Rrahmani ed infila nuovamente Meret, autore nei minuti finali di un salvataggio su Seck che vale quanto una vittoria, quella che agli azzurri – per i quali la possibilità Champions si riduce ulteriormente – manca fra le mura amiche dallo scorso 3 marzo.

La contestazione delle due curve nei minuti iniziali e dopo il triplice fischio può dirsi emblematica del rendimento azzurro fin qui, animato prevalentemente da fiammate e con l’ingiustificata assenza di quella continuità padrona di casa solo un anno fa. L’inadeguatezza della rosa è tangibile anche nei dettagli, come dimostra il linguaggio del corpo totalmente piatto di alcuni elementi – su tutti Di Lorenzo – da diverso tempo. Chissà cosa avrà pensato seduto in tribuna l’artefice di quella cavalcata trionfale ormai sbiadita che è Luciano Spalletti, per la prima volta a Fuorigrotta dallo scorso giugno.

 

Riccardo Cerino

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