CdS – “L’offesa c’è ma non si vede”, il perchè della sentenza che ha assolto Acerbi

Francesco Acerbi è stato assolto ieri dal giudice Mastandrea, dopo le accuse di frasi razziste rivolte al calciatore del Napoli Juan Jesus, il Corriere dello Sport spiega le motivazioni della sentenza. “Resta l’idea, la sensazione che qualcosa sia rimasto sospeso, perché l’offesa c’è stata. Lo scrive anche lo stesso giudice sportivo nel suo comunicato, quando rileva che «la sequenza dei fatti in campo (…) è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte, peraltro non platealmente (con modalità tali cioè da non essere percepite dagli altri calciatori in campo, dagli Ufficiali di gara o dai rappresentanti della Procura a bordo del recinto di giuoco), dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo “offendente”, il cui contenuto discriminatorio però, senza che per questo venga messa in discussione la buona fede del calciatore della Soc. Napoli, risulta essere stato percepito dal solo calciatore “offeso”». D’altro canto, era stato lo stesso Acerbi a confermare di aver detto «ti faccio nero», che è sicuramente un insulto, ma in campo vola di peggio. Il problema, però, scrive ancora il Giudice Sportivo, è che manca qualsiasi «riscontro probatorio esterno, che sia audio, video e finanche testimoniale».

L’ANALISI. Mastrandrea ha esaminato il materiale che Giuseppe Chiné, il Procuratore federale, gli ha inviato: le audizioni, nelle quali Juan Jesus conferma che Acerbi gli ha proferito l’espressione «vai via nero, sei solo un negro», mentre il difensore nerazzurro ha sostenuto di aver detto «ti faccio nero»; gli audio fra il VAR di Lissone e il campo, nei quali si ascoltano i dialoghi fra l’arbitro La Penna, il VAR Di Paolo e le parole di Juan Jesus.
MOTIVAZIONE. Dato che, trattandosi di discriminazione, tale condotta «deve essere sanzionata con la massima severità» e, proprio per questo motivo, deve essere «assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza» citando la sentenza Marconi della Corte Federale d’Appello), ecco che la mancanza di prove certe ha portato Mastrandrea ad assolvere Acerbi. Anche perché, si legge sempre nella sentenza, «la sequenza degli avvenimenti e il contesto dei comportamenti è teoricamente compatibile anche con una di- versa ricostruzione dei fatti, essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale». Non c’è, dunque, il «livello minimo di ragionevole certezza circa il contenuto sicuramente discriminatorio dell’offesa recata». Assolto. Punto e a capo”.
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