Serve chiarezza, il prima possibile. Il calcio italiano nelle ultime settimane è stato travolto da una serie di scandali che hanno avuto risonanza internazionale: prima il presidente federale indagato dalla Procura di Roma, poi i vertici Milan sotto inchiesta della Procura di Milano, quindi la storiaccia del sex gate della Roma con la dipendente licenziata per un video hot. Adesso una nuova macchia, faticosa da ignorare perché in contrasto con la politica che tutto il mondo del pallone, da Figc a Uefa, Fifa e club, porta avanti da anni. L’idea che un calciatore abbia rivolto un insulto razzista a un avversario è inaccettabile, dunque sul caso Acerbi-Juan Jesus bisogna intervenire con urgenza, ricostruendo i fatti ed eventualmente sanzionando in modo opportuno.
Le indagini Da ieri la questione è sul tavolo della Procura federale. Il Giudice sportivo, acquisito il referto arbitrale e il rapporto degli ispettori federali, ha deciso – come prevedibile – di chiedere un supplemento d’indagine al procuratore capo Giuseppe Chinè che si è subito attivato per acquisire immagini ma anche audio relativi al momento in cui Acerbi e Juan Jesus sono venuti a contatto. Al centro della raccolta delle prove ci sono però le audizioni dei due protagonisti. In un primo momento si era parlato di ascoltare i giocatori già oggi, ma alla fine – complici pure la camera ardente di Joe Barone e il permesso che Calzona ha accordato ai giocatori del Napoli – si è preferito far slittare tutto a domani o venerdì (anche se il volo di Juan Jesus che atterra nella Capitale lascia un minimo margine a un’audizione in presenza già oggi). I due saranno con ogni probabilità ascoltati in videoconferenza, con accanto uno degli ispettori federali. Una cosa è certa, quando la versione di uno («Non ho pronunciato frasi razziste» dice Acerbi) è in netto contrasto con quella dell’altro («Mi ha detto sei solo un negro» risponde Juan Jesus) la situazione non è di facilissima gestione. Anche se, al contrario della giustizia ordinaria, in quella sportiva il cosiddetto «ragionevole dubbio» è consentito anche nel formulare una condanna.
I dubbi dell’Inter Mentre Juan Jesus è piuttosto sereno e aspetta di avere la possibilità di dire la sua anche al procuratore, la situazione di Francesco Acerbi è decisamente più complessa. Ieri ha incontrato la dirigenza dell’Inter, ribadendo ancora una volta di non aver detto nulla di razzista. Sembra che nella ricostruzione del difensore la frase pronunciata sia stata «ti faccio nero». Da qui l’affermazione al rientro dalla Nazionale: «Juan Jesus mi ha frainteso». L’Inter attende ora di conoscere l’eventuale sanzione che, alla luce di quanto raccolto dalla Procura, il Giudice sportivo riserverà al giocatore. Di certo il club non vuole in alcun modo che il proprio nome venga accostato alla parola razzismo e in base a quello che sarà l’esito di finale di questa brutta storia, deciderà se prendere ulteriori provvedimenti verso Acerbi. E con questo non si intende solo una multa, ma anche una possibile valutazione sul futuro in nerazzurro del giocatore.
I rischi Il presunto insulto a Juan Jesus ha già fatto il giro dei social, con inevitabile risonanza internazionale. Anche perché in Italia (ma non solo) fatti di questo genere comportano sanzioni decisamente pesanti. Codice di Giustizia Sportiva alla mano, un insulto di matrice razzista di un giocatore viola l’articolo 28. Al comma 1 si legge: «Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori». Il comma 2 ne definisce con chiarezza le sanzioni: «Il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno 10 giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato», oltre ad un’ammenda. Insomma, Acerbi rischia grosso, ma finora non ha fatto mezzo passo indietro. Anche stavolta il compito – non facile – di fare luce sulle ombre del calcio spetta a Chinè. Fonte: Gazzetta