CdS Campania – “PIU’ FORTE IL NAPOLI”. Ma Lautaro si prepara a salire da re sul trono dell’attuale campionato di A

Osimhen campione d’Italia e capocannoniere la scorsa stagione Lautaro si prepara a salire da re sul trono dell’attuale campionato di A

Tra il Toro e Osi una questione da bomber I due attaccanti si passeranno lo scettro

 

 

Conviene non distrarsi, non in area di rigore, non in Inter-Napoli, perché c’è sempre un nemico in agguato, che con la sua voracità sarebbe capace di divorare una notte intera. E non è il caso di stupirsi, né di disperarsi, va così da sempre, da due anni in qua, e basta voltarsi un attimo oppure dare uno sguardo nell’orizzonte terso per accorgersi che – forse, chissà? – continueremo a vederne delle belle: perché è vero, Victor Osimhen, il re, sta per scendere dal trono, va inseguendo un altro Mondo e la valigia, quella di un lungo viaggio, è ormai pronta sul letto; però Lautaro Martinez resta qua, vista Madunina da un attico nerazzurro, il suo vice capocannoniere della scorsa stagione che sta per detronizzarlo, con la voglia matta di continuare a vivere in una bolla che gli appartiene.

 

THE BEST. E non val la pena di chiedersi chi sia il più bravo, chi il più bello, come segnino e persino quanto: ce l’hanno nel Dna, scrivono con il codice genetico, dentro i sedici metri, nomi e cognomi, e scolpiscono nel tempo ch’è stato e in quello che verrà una leadership che è indiscutibile. Perché poi, inutile perdersi, la storia sta lì, la raccontano a modo loro – di destro, di sinistro, di testa, da fermo, in velocità – e non smettono mai, persino mentre sbagliano un rigore (Osimhen con la Juventus, ribattuta vincente di Raspadori; Lautaro a Madrid, tra la malinconia delle tenebre della Champions, scappata di mano). Non è da certi particolari che si giudica un centravanti.

CHE COPPIA. Osimhen se ne andrà, destinazione per il momento ignota, dopo aver lasciato uno scudetto grazie ai ventisei gol in campionato e un quarto di finale di Champions, afferrato anche con le sue cinque reti: poi, tra i rimpianti, ci sta quell’infortunio con la Nazionale che lo consegnò al Milan solo per il ritorno e in condizioni neppure indimenticabili, come quelle avvertite ieri, sufficienti per farlo allenare a parte e lasciare un piccolissimo dubbio. Alle sue spalle, conviene ricordarselo, cinque reti più in là, già c’era Lautaro, con quello sguardo cinico e un po’ canaglia – il solito, insomma – che è sparito solo mercoledì, nella feroce delusione di un ottavo buttato via (anche) dal dischetto, magari prima. Il toro, però, ha provveduto a prendere per le corna il campionato, l’ha demolito assieme alla sua Inter, ha colto i disagi di chiunque, campioni del Napoli compreso, che intanto non ha mai potuto godersi il vero Osimhen: però queste sono chiacchiere e distintivi, direbbe Robert De Niro, mentre loro due sono “intoccabili”, hanno il gol nelle vene e se Lautaro è arrivato a 23 (ma sono 26 tutto compreso, con una media di un gol ogni 109′) il suo carissimo amico dal quale lasciarsi concedere lo scettro ne ha messi assieme nella stagione della sublimazione 31 (uno ogni 97′, ch’è praticamente la stessa cosa).

 

EGUALI. Poi chiunque può innamorarsi del proprio bomber del cuore, trovando pregi e ignorando eventuali difetti (ammesso che ce ne siano e magari ce ne saranno), ma sarà complicato e forse impossibile fingere che entrambi siano centrali nell’economia dell’Inter e del Napoli, che abbiano in comune forse poco e anche tanto, perché alla fine segnano (quasi) sempre loro. Uomini da quotazioni stellari, come recita Transfermakt, sistemandoli nello stesso range: 110 (milioni) e lode. La Scala è per l’oro….

 

Fonte e foto Cds

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