CdS Campania – “FA MALE”. Napoli, ti sei buttato via. La panchina fa la differenza

Gli azzurri vanno subito sotto: Fermin e Cancelo a segno fra il 15’ e il 17’.

Poi la reazione e la rete di Rrahmani. Nella ripresa Lindstrom si mangia il 2-2 e Lewandowski fa esultare il Barcellona

La squadra di Calzona esce dalla Champions dopo aver messo in ansia i blaugrana.

Un avvio terribile, un rigore negato e le occasioni sprecate hanno fatto la differenza Mondiale per club: via libera Juve

 

Il comento di Antonio Giordano

 

È stato bello, persino bellissimo: però ciò che resta della magìa del passato è il ricordo struggente e pure un filo di rabbia per averla tenuta viva per così poco tempo. Lo scudetto è depositato nei libri di Storia del calcio italiano ma adesso che pure la Champions è svanita, che il Mondiale per club è della Juventus, al Napoli di De Laurentiis non restano che i cocci di un anno devastante, certificato dal Barcellona con un 3-1 ch’è la sintesi di errori giganteschi, compresi quelli arbitrali: il calcio non fa sconti e la gloria è figlia dei Progetti, passa la cantera del Barça, quella Filosofia visionaria per davvero che dà un senso di continuità alle proprie Idee; e la vince chi ha avuto – nelle due gare, non solo nel ritorno – più lampi, più spessore, più spudoratezza, più organizzazione: e quando è finita, quel 3-1 è una lama conficcata nell’anima del Napoli. In una notte a mani nude – schiaffi che volano (e si sentono) – il Barcellona lascia i segni sul volto del Napoli (con Fermin Lopez, Cancelo e Lewandowski) e si porta appresso il dolore non per l’illusione concessa da Rrahmani ma anche per un rigore che l’olandese Makkelie non concede a Osimhen quando ancora c’era una chanche, neanche così piccola: i dettagli contano e finiscono per ingigantire i rimpianti, di nove mesi da dimenticare.

PRONTI, VIA. Barcellona-Napoli è una sfida senza domani, però invece il futuro è di Lamine Yamal (16 anni) e Pau Cubersì (17). Il Barça senza Gavi, né Pedri, né De Jong appartiene immediatamente a due scugnizzi catalani che inducono a sognare e il Napoli, in due minuti – dal 15′ al 17′ – è dentro a un incubo. Il Barça è uno spettacolo da godersi nel suo palleggio con cui esce da dietro: spacca le linee, spazzola via il burro che ha davanti a sé con Fermin Lopez dopo manovra che va da destra a sinistra e viene chiusa centralmente (1-0); e poi sembra demolire qualsiasi discorso con una magìa di Yamal, una folgorante percussione di Raphinha condita da finta su Di Lorenzo e bordata sul palo ed il 2-0 di Cancelo che sa di annuncio. Il Napoli si aggrappa a Lobotka, chiede a Osimhen di non finire sempre in fuorigioco, allarga a destra su Politano, aspetta Kvara ma trova una giocata-simbolo dell’era Calzona. Come a Reggio Emilia, da un fazzoletto Di Lorenzo e Politano scovano la verticalizzazione giusta per lo «scarico» su Rrahmani – ancora lui, di nuovo lui – che sistema la volée nell’angolino e induce a credere in qualcosa. Barcellona e Napoli non smettono di starsene avvolti nella propria spensieratezza, offrono e si concedono, hanno vuoti di memoria e nelle coperture che Ter Stegen (34′) colma con un colpo di reni sull’acrobazia di Di Lorenzo e che Traore, ahia, brucia sull’unica, vera illuminazione di Kvara.

I CAMBI. Il Barça è più pressing, il Napoli più slanci e Kvara, risvegliatosi (2′), fa sentire a Ter Stegen il venticello perfido del’ansia su un tiraggiro bello e irritante. Ma è mutato lo scenario e i 50mila del Montjuïc colgono i disagi dei bimbi di Xavi, tremano sul contatto Cubarsì-Osimhen, ma soffrono, indietreggiano e barcollano (18′) sulla variabile Politano-Osimhen-Anguissa murata da Cubarsì. E però, guai indugiare su se stessi o rallentare, perché il Barcellona dal 22′ al 24′ chiede a Meret di sporcarsi i guanti su punizione di Raphinha, su colpo di testa di Lewandowski. Dai cambi (Lindstrom per Politano d Olivera per Mario Rui), Calzona ottiene quasi niente, mentre Xavi (Sergi Roberto per Fermin Lopez e Romeu per Christensen) afferra equilibri evaporate: l’ultima mossa, Raspadori per Traore, sposta il baricentro e porta Lindstrom (35′) ad un palmo dal palo e dall’ultima speranza. Perché Sergi Roberto e, con l’uno-due, spalancano a Lewandowski – chi se non lui? – le porte del delirio, del 3-1, dei quarti di finale e al Napoli quelle della disperazione più cupa che la traversa di Olivera (44′) non può addolcire.  Fonte: CdS

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