È incredibile ma è terribilmente vero: in una notte, che poi sarebbe ridotta a novanta minuti, massimo centoventi, c’è la Storia che ti sfila accanto e tu ne senti il venticello carezzevole o sferzante sulle guance. È una partita di calcio ma dentro di sé contiene (ben) altro: ci sono le emozioni collettive, il benessere personale, gli effetti plastici del successo e quelli devastanti del tracollo. C’è, insomma, la felicità, che a volte si esprime – in questo Mondo rutilante – in moneta contante, pure sonante, perché la vita è anche questo, lo scroscio della slot machine che ti cambia l’esistenza. Diranno che i soldi non sono tutto ed è una colossale sciocchezza che nello show business di questa (questa?) epoca finisce per trasformarsi in retorica: perché quando Barcellona-Napoli sarà finita, e per una non ci sarà un domani, bisognerà inventarsi profitti sostanziosi che aiutino a restare nel centro del villaggio.
STRATEGIA. Barcellona o Napoli, senza tema di smentita, in quest’ora e mezza che è football per davvero, in cui s’avvertono – suggestive – le ombre di Maradona e quella di Cruijff, il Monumentale scudetto di Spalletti e quella bacheca da far impallidire che sta al Camp Nou ma che può essere intravisto, con un pizzico di immaginazione, anche all’Olimpico del Montjuic, il tikitaka più affascinante di Guardiola e Messi, e poi questa penombra che può inghiottire il passato – quello recente e quello remoto – e costringere a ritrovarsi in una specie di anno zero. In mezzo, tra le pieghe delle strategie moderne di Xavi e di Calzona, c’è un sentiero abbagliante e luminoso: trascina direttamente al quarto di finale di Champions League, altri 10 milioni e seicentomila euro e poi si vedrà, e trascina nella fantasmagorica dimensione del Mondiale per club, che lascerà piovere un’altra cinquantina di milioni: è un affare di cuori, ci mancherebbe, però pure di danaro.
IL TRUCCO. Non c’è Gavi e non c’è Pedri, non c’è De Jong e né Balde e né Ferran, ma la Masia – il simbolo di un’Idea forte, radicata e realizzata – ha provveduto negli anni a spargere Provvidenza che spinge oltre i limiti e le paure d’una crisi esistente: poi, s’aggiunga l’Autorevolezza, quel Senso di dominio della paura, un talento che s’avverte egualmente in ogni angolo di una notte che il Napoli deve affrontare spingendosi oltre. È una partita che diventa uno spartiacque, separa due epoche all’interno dello stesso micro-universo, è il confine tra il Prodigio di quel ventennio ch’è esistito, innegabile, con le sue evoluzioni, e un futuro che va invece definito con una Filosofia da rielaborare tra scelte lungimiranti che trancino l’orientamento dell’ultima rovinosa estate.
POSSIBILE? Il Napoli che Spalletti ha trascinato nell’Olimpo degli dei, trentatré anni dopo Maradona, è ormai la rappresentazione pallida di se stesso: Calzona sta cercando di restituirgli una identità – tattica e però pure caratteriale – e per uscire da questa crisi che lo sta avvolgendo e rischia di lasciarlo fuori da qualsiasi festival del calcio, ha bisogno di un’impennata, una dimostrazione di coraggio che assecondi la sua stessa natura travolgente, espressa soprattutto da Osimhen e da Kvara. Perché non è possibile, appartiene alle leggi inavvicinabili del mistero, che da un anno all’altro – e però anche meno – sia stato distrutto un patrimonio dell’Umanità calcistica. Che sia esistita una favola chiamata Napoli è una verità che Barcellona può tenere in vita. Per onore, mica per soldi. Fonte: CdS