Yes, we can direbbero a Londra: perché si può fare, anzi si dovrebbe far qualcosa per togliere la polvere da sopra al pallone. E dunque: let’s go pare suggerire Aurelio De Laurentiis, che nel suo favolistico mondo vede cose rivoluzionarie («Le dirette gratis delle tv»), un po’ in antitesi con sue antiche riflessioni, e che comunque quando decolla sull’ottovolante al “Business of Football Summit” del Financial Times traccia una mappa travolgente per il futuro, nel quale c’è di tutto (forse di più), incluse “carezze” alla Juventus, tanto per far vibrare questa lunga vigilia della madre di tutte le partite: «Vada come vada con il Barcellona, al Mondiale per club dovremmo andarci noi: la Juve è fuori dalle coppe europee, non andrebbe ammessa». E poi, manrovesci al sistema, a chi ha debiti e a chi non ne ha ma in qualche modo contribuisce a crearne, come gli agenti. Yes i know, canterebbero ovunque.
CALCIO GRATIS. C’è stato un tempo, mica così lontano, in cui la battaglia sui diritti televisivi è diventata un’ossessione. Però poi qualcosa deve essere mutato nelle visioni di Adl, che adesso butta via i decoder e chiede calcio libero e migliore: «Se vuoi recuperare pubblico devi offrire dirette gratis. E tu imprenditore devi saper raccogliere una pubblicità gigantesca. Ma conta pure come fai vedere le partite. In Italia ci sono stadi fatiscenti però pure le immagini della tv vanno migliorate. Quelle della F1 ti portano quasi al posto del pilota: io vorrei scegliere i miei registi, l’esempio di come trasmettere una partita è la finale del Mondiale Argentina-Francia. E poi c’è il fenomeno della pirateria: chi si industria per fermarla?».
I DEBITI. 83 milioni di attivo nell’ultimo bilancio rappresentano una virtù unica, forse rara, e concedono autorevolezza su argomenti pruriginosi assai che alimentano riferimenti chiari in Adl. «Il calcio è schiavo di istituzioni che indossano il vestito del comando e ne limitano lo sviluppo. Viviamo un mondo malato nella sua economia, un settore indebitato con campionati ai quali si iscrivono club che non hanno i requisiti finanziari per competere. E questo significa che i proventi sono insufficienti, nonostante le cifre che snocciola l’Uefa per le sue nuove coppe».
Fonte: CdS