Manco il tempo d’allungare le gambe su una sedia, per starsene un po’ a guardare gli highlights della memoria, che bisogna immergersi subito in una serata abbagliante, piena d’emozioni. E manco il tempo di alzare la testa al cielo, per accorgersi che almeno una nottata è passata, che riemerge dalla pancia e dalla memoria il ricordo di Cagliari. «Perché c’è stato un linciaggio nei confronti di una persona straordinaria come Juan Jesus che è stato inaccettabile. Ha sbagliato, punto, e prima che lo facesse lui, avevamo sbagliato in cinque. Ma certe cose non si possono sentire… Io sono grato a tutti questi ragazzi, che si sono messi a disposizione, e lui lo ha fatto con i compagni».
Prima di alzarsi dalla poltrona (stavolta comoda) della sala stampa, Francesco Calzona esce dai panni dell’allenatore, si traveste da istitutore e dà una carezza ad uno dei suoi “figliocci” adottati nella tormenta: il mondo, quello dei social soprattutto, è stato cinico e anche volgare, anzi peggio, e affinché nell’aria resti qualcosa di elegante, per congedarsi dopo un 6-1 che almeno rimette a posto la serenità interiore del Napoli, val la pena anche di regalarsi una lezione di salutare rispetto. «Perché io sono arrivato e ho trovato immediatamente una squadra disposta a liberarsi la testa». Il lettino dello psicologo, che Calzona tiene da qualche parte, è servito per depurarsi di tutti quei cattivi pensieri che in sei mesi, e da Garcia a Mazzarri, hanno inchiodato quel Napoli che un tempo (appena un anno fa), giocava a memoria e travolgeva chiunque, proprio come ieri, a Reggio Emilia, dove però non è ancora chiaro dove siano cominciati i meriti dei campioni d’Italia e dove i demeriti del Sassuolo. «Abbiamo giocato secondo le caratteristiche di questo gruppo che è fortissimo. Il Napoli ha semplicemente assecondato se stesso, qui c’è nell’anima il bel calcio, l’ha detto ciò che si è visto con Spalletti».
Fonte: CdS