Le cause, eccole lì: sono spalmate sul lettino dello piscologo. È tutta, esclusivamente, una questione di testa, improvvisamente vuota, come se il tempo avesse resettato i codici di Spalletti, magari rimasti anche incagliati tra le indicazioni successive. Ripercorrendo, ne sono successe di cose (anche strane): 4-3-3 per modo di dire, poi 4-2-3-1, poi pure 3-4-3 e 5-3-2 e 3-5-1-1 e Kvara sottopunta e Lindstrom a destra, macché a sinistra, e Zielinski fuori ma no dentro, e lo scibile tattico rimescolato a uso e consumo di ogni forma di convinzione. Però alla fine sembra ci voglia Freud, che Francesco Calzona non ha invocato ma evocato, proprio quando a Cagliari ne è accaduta una che probabilmente sta per sintesi del caos: palla spiovente in area, che parte da quaranta metri più in là, c’è il controllo agevole della situazione, priva di pericolo, e sull’amnesia emerge la crisi d’identità. Però prima, e la sottile allusione di Calzona in quello spicchio di partita va a scavare, è stata dura uscirne come si vorrebbe, come si dovrebbe: perché non basta avere un possesso palla bulgaro (71%), se l’orientamento è orizzontale e i tiri sono 9 e quelli in porta appena 4. Fonte: CdS