ESCLUSIVA (CdS) – L’ ex Pepe Reina: «Il mio cuore è diviso, Calzona e Xavi sono due amici. Ciccio farà grandi cose ma diamogli il tempo»

«A quasi 42 anni voglio continuare: sono felice, sto bene e spero di rinnovare Albiol fuoriclasse»

Secondo la distinzione antropologica luciana – De Crescenzo, non Spalletti – Pepe Reina sarebbe certamente un uomo d’amore. Uno dei suoi tanti amici napoletani si preoccuperà eventualmente di spiegargli la storia del professor Bellavista e la differenza con gli uomini di libertà, ma tutto lascia supporre che sia proprio la categoria perfetta di questo monumento del calcio spagnolo, un totem, un leader, un campione del mondo e d’Europa: è nato a Madrid ma è cresciuto nel Barcellona, è stato idolo del Liverpool e poi del Napoli. Cuore, sempre. E passione: il fluido che nel 2022 lo ha riportato al Villarreal per concludere una carriera magnifica e magistrale. «Sì, ma non ho mica voglia di lasciare il calcio: a quasi 42 anni mi sento benissimo e mi piace sempre tantissimo. Ho ancora voglia di imparare».

 
Viene da sorridere. Però di ammirazione.
«Sono felice, mi vedo bene. Sono un positivo: mi viene naturale. Il mio contratto scade a giugno ma farei un altro anno. Vediamo, devo sedermi a parlare con la società».

Pepe, lei ha il fisico bestiale. Se la può giocare con Cristiano Ronaldo. 
«Nooo, lui è di un altro pianeta. Io mi mantengo discretamente. La testa è tutto: sacrificio, dedizione, voglia». 

E l’amore. Dicevamo: i moschettieri.
«I quattro club che mi hanno segnato di più: il Barça mi ha formato come persona e lanciato in Liga; con il Liverpool ho raggiunto il top della carriera; Napoli è dove mi sono sentito più amato, ho avuto un divertimento speciale fuori e dentro il campo, ma resta il rimpianto di non aver vinto lo scudetto; al Villarreal mi sono sentito calciatore per la prima volta ed è l’ultima fermata della mia carriera». 

Come sta Raul? Albiol. Il suo capitano.
«Alla grande, gioca lui più altri dieci. Fa ancora la differenza. È un fuoriclasse».

Sparigliamo: tifa Napoli o Barça?
«Ma no…».  

Sì, Pepe Reina: doppio ex, ha giocato con Xavi dal 2000 al 2002 e ha lavorato con Calzona nel triennio di Sarri.
«Mi aspetto un grande spettacolo di calcio e vinca il migliore. Davvero. Ho un debole per l’uno e per l’altro, sono due amici che meritano tanto rispetto. Magari potessero andare ai quarti entrambi».

Mandi un “suerte” a Calzona, ne avrà bisogno.
«Ciccio merita da tempo una chance così. Era nei piani da tanto: ha fatto un grande percorso e tagliato un traguardo meritato dopo anni al fianco di Sarri. Un grandissimo in bocca al lupo a lui, allo staff e alla squadra».

Quanto l’ha sorpresa la parabola del Napoli? 
«Nessuno si aspettava questa caduta dopo lo scudetto, ma è la realtà. Il livello della Serie A è alto e devi essere sempre all’altezza. Pronto a non fermarti e a competere».  

Anche il Barça è un po’ sul filo.  
«Dicono, ma io non lo vedo mica così in difficoltà. Stanno facendo un lavoro straordinario: hanno vinto l’ultima Liga e sono ancora in corsa. Il Real va forte, sì, ma è terzo e può succedere di tutto».

Come sta il suo Villarreal? L’ultima sconfitta del Barcellona in Liga è opera vostra.
«Ci stiamo riprendendo, ma siamo un po’ sotto le aspettative. C’è stato qualche cambiamento e per tanti motivi non sta andando come pensavamo, però ci siamo. Il primo obiettivo è raggiungere la salvezza quanto prima, poi si vedrà. Magari l’Europa League, sarebbe bellissimo: qui da 25 anni c’è una gestione importantissima, tanti dettagli e una cantera fenomenale».  

Giochiamo ai duelli: Osimhen contro Lewandowski.
«Due che possono vincere la partita da soli: Osi è nel pieno della carriera e può fare la differenza anche con la squadra un po’ in difficoltà. Lewa è Lewa. Sta tornando e ha ricominciato a segnare di più». 

Kvara contro Yamal. 
«Eh! Questo è brutto. Due giocatori verticali che non hanno paura di puntare, saltare l’uomo, avanzare e creare. Loro fanno veramente la differenza in un calcio dove si sta perdendo il senso e il gusto dell’uno contro uno, alla Figo».

Chi preferisce? 
«Un attimo. Kvara ha 23 anni ed è più fatto, più formato fisicamente, mentre Yamal ne ha 16: sarà un fuoriclasse spettacolare ma diamogli tempo, anche se nel Barça è quello che oggi incide di più».

Il Barcellona vuole Kvara. Dicono. 
«Non ne ho idea, il mercato non fa per me». 

A proposito: Zielinski, all’Inter da giugno a parametro zero, è fuori lista Champions.  
«Un giocatore e un ragazzo straordinario che ha dato tantissimo al Napoli. I contratti arrivano alla fine se non c’è l’accordo e i calciatori hanno il diritto di firmare altrove. Capita. Ma ha dato tutto e fino all’ultimo farà lo stesso».

Sente ancora Hamsik, Mertens e company? Calzona voleva Marek nel suo staff.
«Ci sentiamo ogni tanto, non spesso come dovremmo». 

Dries centravanti è un made in Calzona.  
«Non fu l’unica intuizione: fece tantissime cose, all’epoca di Sarri. Ha meriti straordinari: un assistente con questi colpi ti dà una mano enorme».  

Ora, però, saranno il suo Napoli e il suo 4-3-3.  
«Diamogli il tempo giusto: preparare in un giorno una partita, peraltro di Champions contro il Barça, non è certo semplice. Mica è un mago: quante cose puoi fare con un allenamento? È una cosa strana, rara».
 
Le è mai capitato? 
«Con la nazionale: via Lopetegui a due giorni dal Mondiale in Russia. Cose che possono capitare, ma non è normale nel calcio. La Champions tra l’altro è importante per il Napoli e per il Barça: ci puntano, può salvare la stagione».

Xavi recupera João Felix. 
«Anche lui può cambiare la partita. Tutte e due le squadre hanno giocatori straordinari».  

Osiamo: chi vince?  
«Non lo so. Non lo so. Per abitudine, nel senso che è più abituato a certe partite, potrebbe essere il Barça. Vive un momento meno complesso, mentre il Napoli ha già cambiato tre allenatori. Però non è detto: se Ciccio, la squadra e il Maradona fanno tutto per bene, allora potranno fare festa».

Allenatore, giocatori e il popolo: tutti per uno? 
«Sarebbe la comunione perfetta».  

La sua vita a Vila-real com’è, invece?  
«Mi sento un privilegiato: qui è molto diverso, tutto più familiare, alla mano. La gente è abituata a vederti in giro, per strada sono un ragazzo normale tra la gente. Sono felice». 

 

Fonte: CdS

 

 

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