L’emergenza ha scalfito la superficie. Lo strato splendente del 4-3-3 che aveva abbagliato l’Italia intera, è stato intaccato da squalifiche, infortuni e partenze per la Coppa d’Africa. Le azioni sul mercato non sono state immediate e la combinazione di tutti questi fattori ha riportato alla luce un’altra versione del Napoli. Una veste primordiale ma compatta, capace di resistere al processo di sedimentazione tattica che i vari allenatori hanno generato nel tempo. Per un po’, così, la squadra è tornata alle origini. Walter Mazzarri aveva fatto la propria fortuna e quella degli azzurri disponendoli col 3-4-2-1, perfettamente equilibrato in tutte le sue componenti. Il blocco difensivo era di impressionante solidità, più per l’organizzazione di reparto che per la mera qualità degli interpreti. I due esterni a tutta fascia sapevano distinguersi in entrambe le fasi, garantendo la copertura ideale per lasciare i fantasisti liberi di inventare alle spalle dell’unica punta di ruolo. Aurelio De Laurentiis ha ancora negli occhi il gioco meraviglioso della passata stagione. È stato questo il criterio che l’ha guidato nella scelta del successore di Spalletti ed è stato così anche al momento dell’esonero di Rudi Garcia. Con Mazzarri infatti è stato molto chiaro: la strada maestra è tracciata, bisogna ritrovarla e percorrerla. Così, per quanto il tecnico livornese non abbia mai perseguito questi principi, vi si è uniformato per quanto poteva. I titolarissimi non sono stati difficili da individuare, da questo punto di vista la continuità è sempre stata suggerita da una sessione estiva che a parte Kim non ha visto stravolgimenti. La casella del sudcoreano è stata riempita a turno da Juan Jesus, Ostigard e il nuovo arrivato Natan, la cui costanza è stata inficiata da un problema fisico al suo arrivo e da un altro stop obbligato che l’ha costretto a rimanere fuori per oltre un mese, da cui sta finalmente per rientrare. Per il resto, la struttura è rimasta sostanzialmente invariata: Anguissa, Lobotka e Zielinski a comporre la linea dei centrocampisti, Kvaratskhelia e Politano sulle ali, Osimhen a guidare il tridente offensivo. La concomitanza di tante defezioni ha spinto Mazzarri a riproporre la difesa a tre. Di Lorenzo e Mario Rui sono stati avanzati al pari dei mediani, i tre centrali disponibili sono stati schierati contemporaneamente, mentre l’attacco è stato assemblato in base agli elementi utilizzabili: due trequartisti se c’è Zielinski, due esterni puri se invece la scelta ricade su Politano. Quest’ultimo, all’Olimpico, si è dovuto adattare alla necessità di esprimersi da seconda punta senza potersi muovere così largo. Tuttavia, le quattro operazioni compiute (Mazzocchi, Traorè, Ngonge e Dendoncker) permettono all’allenatore di cambiare modulo all’occorrenza. Mazzocchi è abituato a gestire tutta la corsia, sia a sinistra sia a destra. Traorè è un jolly, durante l’esperienza al Sassuolo si è distinto anche come rifinitore e non soltanto a centrocampo. Dendoncker ha piedi troppo educati per essere inquadrato come semplice incontrista ed è un ibrido di interessante versatilità. Ngonge non è un esterno puro e un eventuale impiego senza essere relegato in una posizione troppo laterale potrebbe giovargli. C’è un potenziale inesplorato, dunque, per chi avrà il coraggio di rivolgerci lo sguardo.