Dicono: sono numeri inutili, o quasi, e in fondo contano solo l’interpretazione, il sistema, il modo di giocare. Tutto sacrosanto, altro che storie, e infatti il Napoli è cambiato. Profondamente: i tentativi di emulare o addirittura parafrasare il discorso del re (dello scudetto) sono falliti con Garcia e anche con Mazzarri, ma Walter ha avuto l’astuzia e il coraggio di stravolgere il tema che era stato chiamato a resuscitare e ha rispolverato dai suoi archivi personali la cara, vecchia difesa a tre/cinque. Un giubbotto tecnico da neve, da freddo polare, esibito in Supercoppa per colmare i vuoti e l’emergenza degli infortuni e delle questioni del mercato (la cessione di Elmas e il nodo Zielinski). Tutti fattori moltiplicati dalla Coppa d’Africa e dunque dalle assenze di due pilastri della colonna vertebrale: Anguissa e Osimhen. E così, beh, saranno anche numeri, ma l’interpretazione della semifinale con la Fiorentina e della finale con l’Inter non lasciano spazio ai dubbi: il Napoli si è correttamente coperto con la Viola e ha puntato sul contropiede ricavandone tre gol e una vittoria convincente; mentre con l’Inter si è letteralmente blindato, consegnando prettamente tre uomini a transizioni offensive in inferiorità numerica tale da produrre un solo tiro in porta. Di Kvara. E così, domenica con la Lazio di Sarri, uno per cui il 4-3-3 non è soltanto un simbolo da tavola degli elementi del calcio ma un mantra – principi e filosofia -, Mazzarri dovrà trovare un equilibrio tra le due fasi: insistere su quella difensiva, rilanciare quella offensiva. Fonte: Cds