L’obiettivo è diventare uno dei campionati di calcio top 10 del mondo entro il 2030. Ed è difficile pensare che l’ambizione di Mohammed bin Salman possa all’improvviso fermarsi, come è capitato ai cinesi dopo il boom del 2014 o anche agli emiri di Dubai e Doha. Una visione che ha portato il governo saudita a rilevare il 75 per cento di Al-Hilal, Al-Nassr, Al-Ittihad e Al Ahli che da questa estate sono diventati anche formalmente di proprietà del fondo sovrano Pif, già padrone del Newcastle in Inghilterra. Per intenderci: il Public Investment Fund (oltre 600 miliardi di asset gestiti) è lo strumento finanziario con cui Riad ha compiuto l’Opa sul golf mondiale e sta tentando di mettere le mani sul tennis e la Formula 1. Come abbia fatto De Laurentiis a resistere all’offerta per Osimhen resta davvero un mistero. E dopo l’investimento da 600 miliardi euro del governo saudita la scorsa estate, quando ha rilevato con il fondo Pif, cinque club, la missione non sembra impossibile. Non solo perché ci sono Ronaldo, Koulibaly, Milinkovic Savic. La Lega Calcio, con l’ad De Siervo e il presidente Casini, sono qui per guardare con i propri occhi il nuovo Eldorado del Medio Oriente. È impressionante scoprire come dove c’è la sabbia e la roccia, tra un poco cambierà ogni cosa. A una velocità supersonica che fa impressione se uno pensa alle vie crusis della burocrazia di casa nostra. A trenta chilometri a sud della capitale saudita c’è una vasta distesa dove ora c’è quello che è naturale che ci sia: il deserto. Ma qui presto arriveranno le gru e gli operai per realizzare il nuovo impianto che ospiterà la finale del Mondiale 2034.