Massimo Mauro a “Il Mattino”: “ADL si è assunto tutte le colpe, ma in campo vanno i calciatori”

«Analogie dopo 33 anni? Sì, ne ho trovate». Massimo Mauro, unico calciatore al mondo ad aver giocato con i più grandi (Zico, Platini e Maradona), era a Napoli nel 90-91, quando la squadra con lo scudetto sulle maglie vinse la Supercoppa e poi in campionato si fermò all’ottavo posto.

Una stagione maledetta come questa, però quei mesi furono tormentati per il caso Maradona.
«Vi furono tanti problemi, come quest’anno. Maradona non fu l’unica difficoltà di una squadra che non riuscì a ripetersi dopo lo scudetto».

Commentando la sconfitta contro il Frosinone in Coppa Italia, lei ha sottolineato gli individualismi di alcuni azzurri: «Non cercano il compagno». È qui il problema?
«Mi ha colpito il comportamento di Raspadori e Simeone, gli attaccanti schierati da Mazzarri al posto di Osimhen nel primo tempo. Raspadori tentò il gol dalla bandierina e Simeone tirò da trenta metri non passando la palla ad Anguissa meglio posizionato. La concorrenza dovrebbe migliorare, non rovinare, una prestazione. Ecco, qui deve vedersi la mano dell’allenatore: tocca a lui eliminare gli individualismi, perché se l’individuo non si mette a disposizione della squadra è un disastro».

Il Napoli di Spalletti era una macchina perfetta: cosa è successo?
«Mamma mia… C’è una differenza pazzesca rispetto alla scorsa stagione. Eppure, i calciatori sono gli stessi. De Laurentiis si è assunto tutte le colpe. Forse è così, però in campo vanno i calciatori. A loro vanno attribuiti i meriti quando si vince ma anche le responsabilità quando si perde. Sorprende che un presidente che ha conquistato lo scudetto abbia fatto, praticamente dopo poche ore, simili errori. Anche i bambini sanno che nel calcio è più difficile gestire le vittorie delle sconfitte».

Domani il Napoli di Mazzarri gioca la semifinale di Supercoppa: quanto è importante per la stagione degli azzurri?
«Può restituire orgoglio a una squadra che era riuscita a fare sognare tutti, al punto che pochi giorni fa, in occasione dei premi Fifa, Guardiola ha ringraziato Spalletti per quanto di bello ha fatto vedere col Napoli. E Guardiola non fa mai complimenti a caso. Quella squadra era fantastica, per questa sarebbe importante conquistare la Supercoppa, così come per la società e la piazza. E poi c’è la possibilità che in finale arrivi l’Inter, la squadra più forte d’Italia: batterla renderebbe tutto ancora più bello».

Anche per Mazzarri, tornato a Napoli dopo oltre dieci anni.
«Dopo che non si è concretizzata l’ipotesi Conte era scritto che arrivasse lui: non ce n’erano altri in giro. Vincere la Supercoppa sarebbe una bella soddisfazione per Mazzarri, dato che il suo impegno col Napoli è a tempo: difficile che resti oltre il 30 giugno».

È l’Inter la favorita a Riad?
«La più forte. Ma poi, al di là delle parole, c’è il campo. E vale a tutti i livelli. Pensate al Frosinone: ha vinto in quel modo a Napoli in Coppa Italia e poi non ne ha azzeccata più una. Se non stai a posto con il fisico e la testa rischi brutte figure contro chiunque. Le due semifinali saranno giocate con la paura di perdere, poi in finale ci sarebbe entusiasmo».

La prima Supercoppa con la formula Final four?
«Penso che i soldi non siano tutto e che questa competizione si sarebbe potuta giocare in Italia. È una formula che non mi dispiace. Non bisogna pensare che sia un problema interrompere il campionato e andare a giocare in Arabia Saudita nel bel mezzo della stagione. È quello che succede in tutto il mondo, in tutti gli sport professionistici e in tutte le settimane. Più che lamentarsi, bisogna attrezzarsi per rendere lo spettacolo degno di tale nome».

In che senso?
«Bisogna pensare a migliorare il gioco, inventarsi qualche regola diversa. Da quanto ricordo io non si è andati oltre la regola del portiere che non può toccare il pallone con le mani su retropassaggio del compagno. Sono state introdotte altre novità però nessuna per migliorare la qualità. Si gioca tanto ma si vede poco spettacolo, soprattutto in Italia dove prevale il tatticismo. Abbassare le porte, ridurre il campo, giocare in 10: non so cosa ma qualcosa bisogna fare».

 

Fonte: Il Mattino

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