Mazzarri/Conference
Forse dopo sessanta giorni, non bastano più petali di rose e né fiori d’arancio, perché nel calcio le lune di miele durano dal tramonto all’alba: due mesi dopo, la storia è diventata una storiaccia, porta appresso i graffi delle ferite di queste ultime dieci partite, lascia emergere i lividi dell’anima, che poi sono eguali a quella della classifica, e fa di Napoli-Salernitana il bivio dinnanzi al quale nessuno avrebbe mai sospettato potessero finirci i Campioni d’Italia. «Conosco la gente, so cosa può darci e in questo momento particolare chiedo un piccolo aiuto ai tifosi: e so che il pubblico ci starà vicino». Due mesi per ritrovarsi dall’altare d’un matrimonio (ri)celebrato a dieci anni di distanza alla polvere che non può essere certo adagiato sotto a un tappeto: il calcio, oggi come ieri, è nei fatti, nelle statistiche, in quei numeri glaciali con i quali Mazzarri può solo specchiarsi dolorosamente. «Sono contento di quello che abbiamo fatto questa settimana». E per sentirsi felice, per uscire dagli equivoci, per non avvertire addosso il peso del nono posto in classifica, per digerire le sei sconfitte complessive, stavolta con la Salernitana gli servirà altro: «Mi auguro di vedere un Napoli diverso e brillante rispetto alla partita di Torino, dove è venuta fuori questa prestazione anche perché prima aveva deciso dei richiami di preparazione».
LA SCOSSA. Le tesi, anche le più ardite e paradossali, spariscono di fronte alla sintesi dell’epoca Mazzarri, piena di passaggi vuoti, di distrazioni difensive (con diciannove gol subiti), di amnesie offensive (otto reti segnate, di 4-3-3 o di accorgimenti che rivelano un richiamo con il proprio vissuto: la Champions, e quindi il quarto posto, rappresentano – in attesa degli ottavi con il Barcellona, che onestamente appartengono a Garcia – l’unico orizzonte rassicurante. E però, prima, c’è lavoro da portare avanti: «Ho voluto il ritiro con molta felicità, io sono un allenatore che ama lavorare sul campo». Ma adesso che di tempo ce n’è stato, che le settimane si sono svuotate per essere riempite di schemi, Adl a Mazzarri chiederà di trasferire in campo le sensazioni fiduciose espresse dialetticamente che diano un senso al mandato affidatogli il 14 novembre: «Io, a parte con il Torino, ho visto un Napoli che giocava a palla a terra, che con il Monza ha sbagliato solo i gol. Napoli è una piazza importante e bisogna avere le spalle larghe per sopportare certe critiche. I non guardo la classifica ma siamo a cinque punti dal quarto posto». E però con cinque squadre da scavalcare: non sarà impossibile ma probabilmente neppure assai semplice e converrà sbrigarsi, come suggerisce l’aritmetica. «Rispetto alla gara con l’Atalanta, la prima sulla panchina del Napoli, ci mancheranno un bel po’ di uomini. Ma sono convinto che chi scenderà in campo farà bene. Devo farli andare a mille. Il nostro problema non è certo il modulo. Io vorrei vedere uno spirito diverso, perché onestamente non ho digerito la sconfitta contro il Torino. Dobbiamo tornare ad essere la squadra che impone il proprio gioco e spero che il mio ultimo appello all’arbitro venga accolto: i giocatori di talento vanno tutelati, che siano i nostri, oppure degli altri. E comunque: io mi assumo le mie colpe ma i ragazzi devono rendersi conto e fare di più». E’ Napoli-Salernitana, è il derby, è (quasi) una sfida da vivere come se non ci fosse un domani, dopo sessanta giorni: «La fiducia di De Laurentiis? Io penso solo ad allenare». E ieri il presidente è andato a salutare la squadra.
Fonte: CdS