CHI PARA. Però, senza mischiare il sacro con il profano, c’è una qualità alta, che consente di orientarsi, pur senza largheggiare: Ostigard è rimasto a casa, seguirà da lontano i suoi compagni e le evoluzioni del mercato che lo riguardano da vicino, avrà modo di vedere la partita in tv e di sapere in diretta, seduto in poltrona, ciò che sta succedendo nella fiera dei sogni, che però a volte diventano pure incubi. Giocano quelli che possono e quelli che gerarchicamente devono, cercando di replicare qualcosa che appartenga al passato, impresa mica da poco: e comunque, Gollini ha già i guanti pronti, torna in campo dopo essere rimasto a guardare con il Monza, spettatore aggiunto, per un problemino che gli ha impedito di sostituire Meret ma non gli ha negato la panchina.
CHI DIFENDE. E la difesa ha le sue certezze: Di Lorenzo a destra, Rrahmani e Juan Jesus centrali, Mario Rui a sinistra, più o meno i titolarissimi attuali. Il primo problema consistente sta in mezzo al campo, perché un altro Anguissa non lo hanno ancora avvistato, non a Castel Volturno, e Cajuste (dieci milioni per strapparlo al Reims) ha espresso poco, quasi niente, comunque dettagli che non hanno appagato: ora, nonostante dal mercato possa arrivare altro, ha un mese a disposizione per imprimere una svolta anche alla sua stagione, oltre a quella d’un settore che comunque può alimentarsi attraverso Lobotka e Zielinski, quindi a piedi buoni e anche cervelli finissimi, i due-terzi del cuore dello scudetto che è semplicemente un ricordo.
CHI SEGNA. Uno dei problemi più seri di questo Napoli, che Mazzarri allena ormai da due mesi, è il gol: per quattro volte, nelle ultime cinque partite, l’attacco (e con loro gli altri) ha consegnato il compito in bianco e le statistiche esprimono un disagio che gli errori (tanti) non cancellano. Il Napoli di Mazzarri ha segnato a Bergamo e con il Cagliari, si è invece congelato con Inter, Juventus, Roma e Monza: per tentare di eliminare il difetto, Raspadori resta il centravanti di riferimento, in un ballottaggio ad oltranza con Simeone che sogna di avere qualcosa in più di 5′. Poi, Politano a destra e Kvaratskhelia a sinistra, niente male si direbbe, se non ci fosse la conta degli assenti: perché poi comunque ci sono sei assenze a referto. Ma, sosteneva Spalletti, piangersi addosso è l’alibi dei perdenti. E il Napoli ne ha perse troppe, in cinque mesi: quattro in campionato, due in Champions League. Che ai tifosi è venuta la gastroenterite.
Fonte e grafico CdS