A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Cosa cambia, per le società, con l’abolizione del Decreto Crescita? “Per i giocatori cambia relativamente poco. Per le società, invece, il costo per il giocatore torna normale senza lo sconto del 50%, riconosciuto dal 2020 in poi per calciatori stranieri o che avessero risieduto all’estero nei due anni precedenti. Per i club è un mancato risparmio di circa un centinaio di milioni”
C’era già stata una modifica nel 2022, relativa ai calciatori di vent’anni e su cifre vicine al milione di euro. Perché, dunque, non si è scelto di intervenire in modo più graduale? “Perché l’approccio di aiuti al calcio è sempre molto demagogico e, dunque, non si guarda troppo ai dati e non si fanno politiche di sviluppo industriale. Quella politica che ricordate consentì di escludere i calciatori più giovani e salvaguardare i vivai italiani. Questi calciatori, però, rientrano tutti nel regime ordinario. Paradossalmente, si rischia di avere l’effetto opposto a quello prefissato. I benefici, oggi, sussistono fino ai 600 000 euro di reddito. Dunque, per ingaggi di fascia media o bassa. Su un ingaggio di quattro o cinque milioni, quello stesso sconto è irrilevante. Ora, credo che quell’incentivo andasse abolito, seppure con un percorso di gradualità. Sarebbe stato necessario una serie di politiche di supporto industriale ad un settore rilevante come il calcio del nostro Paese. Se si impoverisce questo sistema, si rischia di impoverisce tutto il sistema sportivo italiano. Vedo fare poche riflessioni a riguardo”
Il mercato dei calciatori italiani potrà subire un aumento? “Non credo che, eventuali aumenti dei costi, siano legati all’abolizione del Decreto Crescita. Sono del parere che il mercato seguirà le sue logiche. Nel medio termine, però, si potrebbe spingere maggiormente sui calciatori italiani. Ripeto che si sarebbe potuto scegliere la strada della gradualità piuttosto che una abolizione tout court”
Il Decreto Crescita, visti i recenti risultati in Europa, ha consentito un miglioramento delle squadre italiane? “Mi piace parlare con i dati e questi dicono proprio di una crescita dei nostri club. I risultati sportivi, poi, fanno da leva anche per una serie di altri fattori a beneficio delle finanze dei club, come i botteghini o gli sponsor. Difatti, non ci sono dati che dimostrano che il decreto Crescita abbia prodotto i danni che si pensava potesse produrre. Anzi, ha influito su taluni aspetti positivi. Si è scelto di parlare alla pancia del Paese, in questo momento poco propensa a riconoscere benefici al mondo del calcio. Si tratta, però, di circa trecento milioni in quattro anni. Un beneficio che ha eroso meno dell’8% di quanto generato, o autogenerato, dal calcio. Il calcio professionistico, infatti, ha riconosciuto all’erario 3,3 miliardi di euro”