È inutile star lì a guardarsi il dito e a ignorar la luna: perché adesso che le ombre della sera s’allungano su Madrid e “la partita” comincia ad essere vissuta, è arrivato il momento di starsene un po’ assieme a se stesso, riattraversare il proprio passato e decidere cosa farne di questa nottata inaspettata, spuntata così dalle tenebre dell’anima. «Io non mi pongo limiti». Le vite cambiano, insospettabilmente, e nel momento in cui Aurelio De Laurentiis gli telefonò, rigirandosi tra le mani il cellulare, Walter Mazzarri aveva già scelto di calarsi in una dimensione insolita, esibire la propria umiltà e portarsela addosso, da Bergamo al Bernabeu, dall’Inter alla Juventus: «Noi cercheremo di giocarla come faceva il Napoli di Spalletti in passato, provando ad essere sempre autorevoli per regalare quel calcio che ha incantato. Sabato, con l’Atalanta, nel primo tempo ho visto cose che me l’hanno ricordato, ma abbiamo il dovere di crescere, di migliorarci e dunque di proporre: sfidiamo una grande, uno dei club più importanti dell’Universo, e dunque…».
TOP SECRET. È una partita completamente diversa dalle altre, propone motivazioni e anche sottili preoccupazioni, richiede l’uso della scherma più elegante e però anche una personalità assai spiccata: in quest’ora e mezza, in cui s’intravedono pure gli ottavi di finale, Mazzarri si affiderà alle certezze che sono appartenute a quella squadra che l’ha rapito («lo sapevo: bravissimi ragazzi, con i quali è scattata subito empatia») e qualche intuizione che tiene (giustamente) per sé: «Non rivelerei a nessuno le scelte, tattiche e di formazione, ma penso di non essere l’unico. So che ci aspetterà una serata difficile, non è certo una novità, e comunque tengo per me qualche mossa». E partirà dalla squadra tipo, rimetterà assieme il codice-Spalletti che lo ha conquistato, ci infilerà ciò che in queste due settimane ha avuto modo di elaborare in quella Castel Volturno in cui si è rinchiuso, sapendo d’essere di fronte ad un orizzonte calcisticamente terribile che gli si sarebbe parato dinnanzi: «Quando incontrai De Laurentiis, mi chiese di ritrovare quel gioco. Ripartiamo da lì. Intanto ricominciamo a vincere. Ci aspetta, adesso, un bel test». Che un giovanotto di 62 anni vuole affrontare a muso duro, ma senza esagerare. «Qualcuno dice che sono invecchiato ma io di testa mi sento più giovane, ho nuovi stimoli, sono carico a mille e voglio ottenere il massimo».
IL GIOVANE VECCHIO. È una data da cerchiare in azzurro, da scolpire nella memoria, da tenere tutta per sé, perché in Real Madrid-Napoli ci sono storie che vanno assaporate: «Sarà bello incontrare Ancelotti, con cui c’è una stima enorme. Non l’ho sentito, ma prima di una partita non chiamerei neanche mio fratello, e penso che chiunque farebbe così. Carlo è un vanto tutto nostro, per me dovrebbe stare per sempre al Real ma non mi permetto di entrare in vicende così personali. Neanche a me piacerebbe ricevere consigli su cosa fare. Ma stiamo parlando dell’allenatore più vincente di sempre». E di un’ora e mezza da immaginarsela prima, se mai fosse possibile, per togliersi i dubbi che si porta appresso (in porta, in attacco) e poi togliersi la giacca da dosso, ma solo virtualmente: «Voglio vedere una squadra corta, compatta e organizzata come nel primo tempo con l’Atalanta. L’atteggiamento dei calciatori, che è merito del club, mi facilita. E poi, ripensandoci, contro il City, nel 2012, erano tutti all’esordio, pareggiammo contro la corazzata del Manchester, poi passammo il turno. Siamo qua per far qualcosa di speciale». Tutti per uno, Mazzarri per il Napoli.
Fonte: CdS