Senza avere la pretesa di entrare nella Treccani, e comunque chiedendo permesso ai vocabolari, un bel giorno – con potere di sintesi – Walter Mazzarri spiegò il suo Napoli con una sola parola. Una. «Titolarissimi».
TOCCA A LORO. Ci sono sei uomini, più di mezza squadra, che sembrano già intoccabili, lo erano in passato – con Spalletti – lo saranno in futuro, con quest’allenatore che non ignora il passato, anzi lo rievoca com’è giusto che sia, e che guarda al futuro portandosi appresso le prime sensazioni del campo e le tante impressioni avute dinnanzi alla tv: «Io lo studiavo, il Napoli». Non lo aveva, forse, neppure immaginato tra le sue mani, magari 3-4-3, ma quando De Laurentiis ha chiamato s’è convinto che non bisognava fermarsi all’apparenza e alla propria ideologia, e si è convertito: 4-3-3, con chiodi sistemati qua e là, come quella volta, quando ripartendo dal basso arrivò prima in Europa League e poi in Champions e per un po’ vide pure lo scudetto da vicino… E stavolta, che ci sono obiettivi persino più scintillanti, sembra di aver calato il Napoli in quella atmosfera: ci vogliono certezze, messaggi chiari e dunque una solidità che sta nella formazione, fondata su pilastri…
L’ASSE. Giovanni Di Lorenzo, che ha una resistenza alla fatica impressionante e che non ne salta una, un extraterreste, resterà tale con Mazzarri, è il suo Maggio moderno, non si muoverà dalla fascia (destra), la occuperà nella sua lunghezza, magari gli verrà chiesto pure altro, gli assist e i gol ad esempio, che non sono mai mancati e che venivano garantiti anche dal predecessore, tanto per andare con le analogie. In mezzo al campo, occhio eh, c’è un intero settore che sta in quel privilegio – in realtà è una responsabilità – e sarà complicato organizzarsi il turnover: Lobotka è uno, non ha eguali, non ha emuli e neppure simili, ha ritmi e palleggio che sfuggono alla banalità e quindi resterà in campo finché fiato lo sostenga; e poi Anguissa, s’è capito dal «primo sguardo» e dalla prime frasi («la partita più bella…c’è feeling») è già finito nel cast dei mazzarriani, quelli che piacciono perché non rinunciano a niente, men che meno a uno scatto: è tornato venerdì e sabato ha giocato a Bergamo, et voilà. E Zielinski, con quei piedi che riportano ad Hamsik, come fai a tenerlo fuori, anche se la condizione non è brillantissima, adesso? Anguissa, Lobotka e Zielinski, declamati così, da destra a sinistra.
E POI, E POI. Ma il top, e nessuno si risentirà, sta in attacco, accadde pure un decennio fa, altro schema e altro ritornello: stavolta i tenori restano tre ma Kvara e Osimhen rientrano tra le stelle inavvicinabili, la luce che sparge una scia da seguire. Ed è pur vero che Politano e Lindstrom, che Simeone e Raspadori, non appartengono ad una schiera in cui c’è normalità, ma Kvara e Osi, messi assieme, sanno di classe e talento allo stato puro. Le prime due maglie a loro (con rispetto per i compagni). I capi dei titolarissimi…
Fonte: CdS