L’uomo di Spalletti, più che l’uomo della Provvidenza. Questo era sembrato ad un certo punto Giacomo Raspadori per l’Italia del calcio: un fascio di luce – per usare un’espressione cara al c.t. – nella penombra di una carestia offensiva che in realtà continua un po’ a tormentarci. In assoluto, e soprattutto se parliamo di attaccanti. Jack si era affacciato alla finestra che gli era stata spalancata con la sfrontata ma razionalissima naturalezza di chi ha tanto calcio nei piedi, ma pure nella testa. Cinque gol nelle sue prime 15 presenze azzurre, e detto così non rende l’idea. Guardando la media gol per minuti, molto di più: uno ogni 141’, segnava una rete ogni partita e mezza. Il sapore delle gare internazionali sembrava un elisir: gustato, quasi tracannato, anche con il Napoli, quattro gol nelle sue prime tre gare di Champions, più quello di Berlino, meno di un mese fa.
Il digiuno Poi il Raspa con il numero 10 dell’Italia sulle spalle si è fermato un po’. E conoscendolo questo digiuno deve pesargli, anche se non abbastanza per intasargli i pensieri: in Nazionale non segna da più di un anno, l’ultimo gol fu a fine settembre 2022, vittoria in Ungheria. Ma per carattere Jack non si abbatte, semmai continua a sbattersi. Non a caso in Nazionale ha giocato 90’ solo quattro volte su 22: ad un certo punto pure un moto perpetuo come il suo chiede il conto. Anche per questo piace a Spalletti. Gli è sempre piaciuto, e non è mistero che fu l’oggi c.t., allora allenatore del Napoli, a spingere con De Laurentiis per l’investimento più oneroso della sua era destinato ad un calciatore italiano.
Lucio non ha cambiato idea: Raspadori è sempre stato al centro del suo progetto e stasera sarà al centro dell’attacco, primo frazionista di una staffetta che probabilmente lo vedrà alternarsi con Scamacca, candidato alle sportellate che lunedì serviranno a Leverkusen contro l’Ucraina. Stasera, per stancare, aggirare, perforare il muro macedone, serviranno i movimenti, il lavoro “ad elastico”, la capacità di offrire sponde, di esplorare la profondità, di Raspadori. La sua recettività a qualunque esigenza tattica ne fa un possibile grimaldello perfettamente compatibile con le ispirazioni di Berardi e Chiesa.
I precedenti Sarà l’occasione per guardare per la prima volta negli occhi gli avversari macedoni dal 1’. Jack c’era in entrambe le ultime due partite che hanno fatto diventare la squadra di Milevski un mezzo tabù: solo 26’ nella recita da incubo di Palermo, gli ultimi di una salita dove si era inerpicato inutilmente, pur con altre gambe e altra vivacità rispetto a Insigne, che aveva sostituito; appena un minuto, più recupero, due mesi fa a Skopje, un’inutile apparizione a giochi già rovinati dalla punizione di Bardhi. I 5 gol con l’Italia li ha segnati partendo da titolare: non c’è prova contraria, ma qualcosa dovrà pur dire. Tre su 5 nel primo tempo, perché sa essere diesel, ma anche scaldarsi in fretta.
Magia Olimpico Lo aspetta la magia di uno stadio dove ha già segnato: alla Lazio, con il Sassuolo. Soprattutto dove ha conosciuto, durante l’Europeo, i primi veri brividi azzurri – 15’ contro il Galles, ma in quelle notti si vibrava anche stando in panchina – e poi (giocò 10’) pure l’amarezza di una vittoria buttata, contro la Svizzera, che quattro mesi più tardi ci sarebbe costata il Mondiale. Non c’è tempo per guardarsi alle spalle, e neanche di pensare a quale destino lo aspetta, ora che il suo estimatore Garcia non c’è più e che Osimhen è prossimo a tornare. Almeno per un po’ ci sarà posto per tutti, visto il percorso a ostacoli che aspetta il Napoli. E di sicuro c’è posto per lui stasera. Una cartuccia per volta: Jack ha imparato a mirare il futuro così. E quel futuro oggi è presente, anche in Nazionale.
Fonte: Gazzetta dello Sport