Il suo commento sulle pagine del CdS:
Centocinquanta giorni esatti. Quasi cinque mesi. Sono bastati per rovinare tutto, per distruggere un sogno. La gestione Garcia sarà una parentesi da cancellare il più in fretta possibile dalla memoria di milioni di tifosi, il Napoli che aveva stracciato il campionato e incantato l’Europa non può essere svanito nel nulla. Il flop dell’allenatore francese è certificato dai numeri, la bocciatura con i fischi al Maradona il sigillo finale di un’avventura che ha toccato livelli assurdi e sorpreso soprattutto per scelte inspiegabili. De Laurentiis aveva infilato una serie pazzesca di decisioni giuste e vincenti, stavolta si è reso conto anche lui di aver fallito. Di aver messo in mano la sua Ferrari a un pilota sbagliato. Un allenatore di grande esperienza, elegante e fine nel suo modo di porsi, ma evidentemente non adatto a calarsi in questa nuova realtà. Dove l’anno scorso Spalletti aveva fatto funzionare tutto a meraviglia, portando a esprimersi ai massimi livelli tutti i giocatori. Un’organizzazione maniacale che aveva esaltato le qualità dei singoli, un’orchestra che suonava calcio in ogni stadio in cui metteva piede. Quest’anno, invece, è stata la confusione generale a regnare, tutti hanno reso al di sotto delle loro possibilità. Quando sono in tanti ad avere difficoltà, vuol dire che il problema non è dei singoli. Ma di squadra, di collettivo.
L’esclusione di Kvaratskhelia contro l’Empoli è l’ultima trovata geniale in un momento in cui di invenzioni non c’era affatto bisogno. Garcia sapeva di giocarsi la panchina del Napoli, era messo sotto pressione dalle critiche della piazza e dalla presenza costante agli allenamenti di De Laurentiis, ha risposto sfoderando una formazione senza logica. Ha lasciato fuori il miglior giocatore dello scorso campionato (uno che non andrebbe mai tolto, nemmeno se cammina con una gamba perché può sempre tirare fuori l’asso dalla manica), ha rinunciato al suo centrocampista di maggiore talento (Zielinski) e ha lasciato fuori anche Natan, uno dei migliori in difesa nell’ultimo periodo. Tutto ciò per far giocare titolari Elmas e Simeone, l’anno scorso specialisti a cambiare le partite in corsa entrando dalla panchina, e per stravolgere anche il modulo. Niente 4-3-3 diventato marchio di fabbrica, ma 4-2-3-1 con Raspadori trequartista. Un esperimento naufragato in un primo tempo senza nessuna emozione e rinnegato dopo 54 minuti, quando Garcia è corso ai ripari e con Kvara e Zielinski è tornato al 4-3-3. Troppo tardi per rimettere in ordine una partita che ormai aveva preso una piega sbagliata, troppo tardi per poter pensare di approfittare della frenata del Milan e riprendersi almeno il terzo posto, troppo tardi per dare un senso logico a ogni cosa.
A De Laurentiis non è mai piaciuto stravolgere il progetto tecnico in corsa, ma stavolta la sua decisione non poteva più essere rimandata. Ammettere un errore è un segno di grande maturità, correggerlo è un’urgenza. Un sogno non si può distruggere in centocinquanta giorni.
A De Laurentiis non è mai piaciuto stravolgere il progetto tecnico in corsa, ma stavolta la sua decisione non poteva più essere rimandata. Ammettere un errore è un segno di grande maturità, correggerlo è un’urgenza. Un sogno non si può distruggere in centocinquanta giorni.
Fonte: CdS