RIECCOLO. Mentre Napoli-Milan pareva ormai ostaggio di quello 0-2 e di vari altri accadimenti del primo tempo, nello spogliatoio Rudi Garcia è intervenuto, ha scomposto le teorie, ha messo al centro del villaggio la disperazione, ha tolto Elmas, ha afferrato Simeone e l’ha mandato in area, poi ci ha aggiunto in difesa Olivera a sinistra e Ostigard in mezzo ma senza alterare nulla almeno là dietro, ed è andato avanti a modo suo: Lobotka e Zielinski i riferimenti a cui abbeverarsi, Raspadori o tra le linee o anche al fianco del Cholito, Politano e Kvara larghi. E’ finita 2-2, con il terrore che Theo Hernandez e Calabria hanno spruzzato sullo stadio, con i rimpianti che Kvaratskhelia proprio all’ultimo secondo ha avvertito nella carne. Storie di calcio, ma già viste.
ANCHE A MARASSI. Per esempio, annotate a Marassi, altri brividi lungo la schiena, 1-0 prima di andare a prendere il tè, di togliere Elmas e inserire Politano (ancora 4-3-3 ma con propensione offensiva) e sul 2-0 Genoa, Raspadori per Anguissa e Olivera per Mario Rui: la prima punta era Osimhen, quella notte, ma i ritocchi servirono per produrre quel piccolo mutamento genetico ch’è rimasto nella testa dell’allenatore. E’ lecito starsene a riflettere e tentare di dare una svolta alla propria esistenza secondo tesi, teorie e teoremi che siano stati avallati dagli esperimenti: Salerno non è una passeggiata salutare e la classifica di Inzaghi rappresenta una bugia. Garcia sa che troverà una squadra riorganizzata secondo le convinzioni del SuperPippo, dovrà aggirare la capacità di difendersi e poi di ripartire di chi non può permettersi di smarrirsi ancora, e il Napoli ha nelle sue corde le alternative.
C’E’ LUI. E poi adesso c’è Anguissa, che dei meccanismi – degli uni e degli altri – è padrone assoluto, ha forza per fungere da protezione dinnanzi alla difesa, sradica palloni dalle riflessioni dei centrocampisti avversari, si inserisce, si abbassa e si allarga, è sostegno per Politano (il titolare di destra) e può con Zielinski e Lobotka combinare l’atteggiamento adeguato alla partita. E quindi, il 4-3-3 sta lì, come un mantra, una garanzia certificata dallo scudetto, dalla vocazione d’un Napoli ch’è stato costruito per stare dentro al tridente; ma, intanto, germoglia l’opzione 2, che potrà addobbare – ed è successo – egualmente i vari momenti, lasciando scivolare Zielinski in avanti. E poi dicono che i numeri sono aridi.
Fonte: CdS