Al di là di quel rosso fascinoso e abbagliante, c’è la Storia: l’hanno scritta qua dentro, con la maiuscola, e basterebbe questo per perdersi tra i pensieri spettinati d’una serata (già) piena d’emozioni: e prima che mettano il pallone al centro, che Union Berlino-Napoli scateni pure le vibrazioni, chiunque stia alzando il proprio sguardo per sentirsi avvolto da un Monumento, avrà modo di distrarsi, di attraversare questo secolo (circa) turbandosi. «Certo che conosco le imprese di Jess Owens del 1936; non ricordo, invece, quella del 2006». Rudi Garcia, nella sua solitudine, insegue anche una normalità che gli è a lungo sfuggita, lo fa con un filo sottile di ironia oppure con paradossi che sembra rivelino nervi ancora un po’ scoperti: «Che dubbi ho? Ma vi riferite al rasoio da usare per farmi la barba e sembrare sempre bello». A 60 anni circa, chi ha attraversato il calcio standosene dentro ad un pallone, non ha bisogno di osservare il futuro dal buco della serratura: e ora che sta per cominciare, che Verona gli ha riconsegnato un Napoli grande con le piccole, l’unica certezza per evitare che intorno a sé s’avverta ancora il venticello del pericolo è l’ingrediente madre del football. «Siamo qua per vincere, con il rispetto che si deve all’Union Berlino, protagonista nella passata stagione di un campionato esaltante, che per un po’ l’ha vista anche al comando della Bundesliga». Dinnanzi a quello specchio deformante, nel quale sembra scorgersi anche il suo Napoli, dominatore assoluto con Spalletti e ora appena uscito dalla tormenta, c’è un allenatore che sa cosa vuole, anzi cosa chiedersi, e che avvicinandosi all’Olympiastadion eviterà di sentirsi ricostruito dentro da quella vittoria di Verona, che rappresenta ancora e semplicemente un indizio. «Ci aspettano due sfide con i tedeschi, questa e poi quella di ritorno, ma a noi servono subito i tre punti per restare secondi alle spalle del Real Madrid. Siamo motivati, fuori casa non è mai semplice, però se saremo del nostro livello…».
LA SCOSSA. Il Napoli di Verona, quello di Lecce, quello che si è sbarazzato dell’Udinese e anche del Sassuolo e del Frosinone potrebbe bastare ma anche no, quando il calcio diventa Champions League, nonostante le otto sconfitte consecutive dell’Union Berlino. «Abbiamo le motivazioni giuste, qui è bello giocarci. Abbiamo iniziato bene vincendo a Braga e poi abbiamo anche fatto un’ottima gara con il Real. Ma dobbiamo riprenderci ciò che abbiamo lasciato con gli spagnoli».
COSA E’ SUCCESSO. Però nell’aria, sarà quell’espressione, qualcosa sembra cambiato, dopo due settimane asfissianti, e Verona, per un’ora ha avuto il potere di pacificare il Napoli con se stesso, offrendogli gocce di saggezza e di personalità. «Per me l’impegno c’è sempre stato. E a Verona non era semplice, alle 15, a tre giorni dall’Union. Sono contento di come ci siamo comportati, anche se abbiamo fatto solo il nostro. Io resto della mia idea: non era il caso di essere catastrofici dopo la sconfitta con la Fiorentina; e però aggiungo che non vorrei si diventi euforici ora. Bisogna essere equilibrati e vincere».
CARATTERE. Un’ora e mezza di Champions che aiuti a capire il Napoli: ma in questi novanta minuti che sanno di (tanto) altro c’è lo stress da prestazione, l’immancabile tensione e la ricerca di una verità che sia una. «Bisogna essere protagonisti e imporre il nostro gioco. Guai commettere errori, l’Union Berlino ha pregi in contropiede e in profondità». L’Europa è un mondo magico.
Fonte: CdS